Intervista a Francamente, in equilibrio tra cantautorato e attivismo

Classe 1996, originaria di Nichelino, ex studentessa dell’Università di Torino, nonché cantautrice orgogliosamente queer e femminista: stiamo parlando di Francesca Siano, in arte Francamente, semifinalista e rivelazione dell’ultima edizione di X Factor. Il percorso nel programma televisivo le ha permesso di farsi conoscere dal grande pubblico, collezionando numerosi successi e facendo sentire la sua voce, sia dentro sia fuori dal palco.
Come redazione di The Password, abbiamo avuto il piacere di intervistarla e non possiamo che rinnovare i nostri ringraziamenti per essersi dimostrata molto entusiasta di scambiare due chiacchiere con noi.

Ecco che cosa ci ha raccontato.

Partiamo con una domanda per introdurti ai nostri lettori e alle nostre lettrici. Come hai iniziato a fare musica?

Non c’è un momento preciso in cui ho iniziato a fare musica. Fin da bambina per me la musica è stata un gioco. Mi è sempre piaciuto ascoltare musica e cantare, soprattutto le sigle dei cartoni.
Questa passione si è evoluta durante l’adolescenza, quando, verso i 15 anni, sono entrata in una cover band hard-rock. In quel momento, al di là della musica, mi sono innamorata della dimensione della band, del viaggiare, che magari significava spostarsi a 10 km da Torino, ma a me sembrava già dall’altra parte del mondo.
Dopo qualche anno nella band ho iniziato a studiare canto classico. A 17 anni ho tentato l’esame di ammissione al conservatorio “Verdi” di Torino, ma non è andata bene. Però è stata anche una fortuna, perché mi sono concentrata sulla filosofia.
Nel 2019 ho avviato un progetto musicale da sola, scrivendo le mie canzoni e studiando chitarra.
L’ultima svolta è stata Berlino, dove sono stata contaminata dalla musica elettronica, ho iniziato a suonare tantissimo per strada e ho conosciuto i miei migliori amici.
Direi che la musica è sempre stata un modo per connettermi con quello che mi circondava.

Hai sempre pensato di unire musica e temi sociali come il femminismo e la queerness, oppure è una consapevolezza che è arrivata con il tempo?

È stato un processo dovuto a diversi fattori. Uno è quello di aver studiato filosofia, specialmente filosofia politica. Sono sempre stata attratta da come il pensiero possa effettivamente cambiare la realtà.
Il secondo fattore è la mia biografia. L’essere una donna queer mi ha portata a essere trattata da cittadina di serie B. Nonostante i miei doveri siano uguali a quelli di chiunque altro, i miei diritti no.
Il terzo fattore è stato quello di essere una donna nella musica, quindi notare dei trattamenti diversi, dall’attenzione al mio abbigliamento, al dare per scontato che io non sappia fare determinate cose perché sono una donna. Questa consapevolezza è aumentata grazie all’incontro con altre quattro cantautrici, avvenuto proprio a Torino. Nel 2021 abbiamo fondato un collettivo transfemminista, chiamato Canta fino a dieci. Confrontandoci, ci siamo rese conto che quello che accadeva a ognuna di noi accadeva anche a tantissime altre donne: pregiudizi, discriminazioni, difficoltà a essere prese sul serio, fischi, molestie. 
Poi c’è stato l’incontro con Berlino, una città molto radicale su certi temi politici. Lì ho smesso di vivere come una cittadina di serie B.
Pian piano mi sono resa conto di come stare su un palco sia un privilegio e che si possano dire cose importanti. In questo modo attivismo e musica si sono uniti.

Durante la semifinale di X Factor ti sei esposta riguardo alla scarsa rappresentazione delle donne nella musica. Pensi che l’alleanza con altre artiste possa combattere il gap tra i generi?

Assolutamente. Faccio un esempio: la cosa che ancora stupisce di più le persone è quando noi di Canta fino a dieci ci presentiamo tutte e cinque sul palco. È subito d’impatto, perché di solito sono abituati a vedere solo una donna e, dietro di lei, quattro o cinque uomini.
Per noi già l’impatto visivo è potente, ci permette di dire “non è vero che c’è competizione tra donne”, benché ci venga insegnato questo.

Parliamo del tuo percorso a X Factor. Cos’hai pensato quando hai saputo che saresti stata nella squadra di Jake La Furia?

Ho provato molto stupore. Ai Bootcamp (la seconda fase del programma, NdR), quando ho scoperto che sarebbe stato il mio giudice, per me è stata una sorpresa enorme.
Io che mi batto contro i pregiudizi, a mia volta vittima di un pregiudizio. Ho giudicato Jake dalla copertina, ma mi sbagliavo. Infatti, ho trovato una persona di un’intelligenza, una capacità di dialogo e una curiosità incredibili, con tanta voglia di sperimentare.

Come riassumeresti il tuo percorso in 3 parole?

La prima è “scuola”. X Factor è stata una scuola incredibile sia dal punto di vista musicale che nel resto.
La seconda è “privilegio”, perché avere la possibilità di non lavorare per un mese e mezzo e di poter pensare solo alla musica è impressionante.
La terza è “megafono”, perché nel bene e nel male lo è per la propria persona, per la propria musica, si ha la possibilità di mettersi in contatto con altre persone. Se non ci fosse stato X Factor magari io e te non staremmo nemmeno parlando adesso.

Vivi a Berlino, ma sei originaria di Nichelino. Che cosa ti porti sempre nel cuore di Torino e provincia?

Torino è stata il luogo degli affetti e della mia formazione.
La prima cosa è la mia famiglia queer (famiglia scelta), perché l’ho conosciuta a Torino. Metà di questa famiglia vive ancora lì.
Inoltre, sento di avere un debito enorme con questa città, che io ho sempre trovato profondamente culturale, perché ricordo i miei anni universitari come degli anni bellissimi. In particolare, ricordo Palazzo Nuovo: uscivo dall’università e tutt’intorno c’era un bel fermento politico. 

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso l’università?

La passione per l’apprendimento, la costante ricerca del nuovo, del mettersi in discussione e di sapere che questo imparare non finisce mai.
Nel mio cuore rimarrà per sempre il professor Ugo Ugazio, che mi ha trasmesso un concetto di cultura non come qualcosa che si possiede, ma come una lente che va raddrizzata e ripulita costantemente, per mettere bene a fuoco le cose.

Puoi farci un piccolo spoiler sui tuoi progetti futuri?

Vorrei tornare a suonare il prima possibile. Con il mio team stiamo progettando un tour per il 2025. Successivamente vorrei ricominciare a registrare ed essere in situazioni in cui sia possibile confrontarsi, incontrare le altre e gli altri in una dimensione di apprendimento costante. Mi auguro che musica e attivismo riescano a procedere insieme come un’unica cosa.

Grazie mille, sei stata molto disponibile.

Grazie a voi!

Ilaria Vicentini






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