Agnese Pini: il giornalismo necessario durante la crisi dell’informazione

Lo scorso 4 giugno, durante l’evento Passepartout, la città di Asti ha ospitato la giornalista Agnese Pini. Nata nel 1985, Agnese incomincia a praticare il mestiere di giornalista nel 2007. Negli ultimi anni diventa direttrice del quotidiano La Nazione e successivamente del Quotidiano Nazionale (che riunisce Il Giorno, Il Resto del Carlino, Il Telegrafo e la sopraccitata La Nazione).

«Il sistema dell’informazione non è mai stato così tanto in crisi, in particolare quello di un Occidente democratico, libero»: con queste parole Agnese Pini ha cominciato il suo intervento.
Gli ultimi anni hanno visto un calo qualitativo nell’informazione e la professione del giornalista è diventata sempre più precaria in termini economici, di sicurezza, ma soprattutto di stabilità futura e di incisività e concretezza civica.

“La crisi dell’informazione va di pari passo con la crisi delle democrazie occidentali.”

È a partire dal 2004 che i giornali (cartacei) hanno iniziato a subire un calo delle vendite. Non trattandosi della prima crisi subita dall’editoria, però, non si è riusciti a percepirne immediatamente l’irreversibilità. Allo stesso tempo, è proprio in questi anni che le nostre democrazie, considerate inviolabili, sono state pubblicamente messe in discussione.

“Il sistema democratico non esiste senza l’informazione libera. Nel tempo stesso non esiste l’informazione libera senza le democrazie.”

Pini sottolinea un’importante differenza – spesso sottovalutata o addirittura non specificata – tra l’informare e il comunicare. Un leader che scrive un post sui social o parla da una balcone non sta informando, sta comunicando, fornendo un messaggio.
È il «filtro» – da lei così definito – svolto dai giornali a trasformare la comunicazione in informazione. Grazie a essa i cittadini sviluppano la propria autonomia critica, da cui derivano la conoscenza e la coscienza necessarie a esercitare il diritto al voto.

Fa inoltre un riferimento (molto attuale, se pensiamo ai recenti giorni di votazioni) al barone Bettino Ricasoli – capo del governo provvisorio toscano e fondatore del quotidiano La Nazione –, che nel 1859 intuì l’esigenza di fondare un giornale per orientare l’opinione pubblica a favore dell’annessione del Granducato di Toscana al Regno di Sardegna. Assieme a esso il barone distribuì un fac-simile della scheda elettorale con la quale si sarebbe votato con su scritto “Sì all’annessione”. Non votarono soltanto i nobili, ma anche gli artigiani e i contadini contribuenti, anche analfabeti. Il successo schiacciante del “sì” ci aiuta a comprendere quanto un’informazione sana e ben gestita possa essere influente.

In particolare, con l’avvento dei social e l’utilizzo fattone dai politici nel comunicare col popolo, siamo stati in qualche modo indotti a credere di poter fare a meno del filtro terzo dell’informazione. Spesso capita di pensare, ad esempio in situazioni belliche, che quanto un soggetto politico scrive su un social media sia abbastanza per essere informati.

“Per avere una garanzia di democrazia si deve avere un filtro terzo.”

Pini cita dei post di Elon Musk sulla piattaforma X inerenti alle elezioni in Germania dello scorso febbraio. Musk, grande sostenitore dell’AfD (Alternative für Deutschland), si sarebbe appellato al «senso comune» degli elettori tedeschi: «I am strongly recommending that the people of Germany vote for AfD […]. Nothing outrageous is being proposed – just common sense» (tradotto: “Raccomando caldamente che il popolo tedesco voti per l’AfD […]. Non è proposto niente di scandaloso – solo senso comune”). La giornalista, tuttavia, sottolinea come il canone della buona informazione sia esattamente il contrario del senso comune, che ostacola l’esercizio dello spirito critico e del ragionamento logico arrivando a semplificare anche le questioni più complesse.

“Il buon giornalismo nasce come risposta contraria al senso comune, che è una cosa diversa dal buon senso.”

Sarà una frase banale, ma è sempre giusto ricordare l’arma a doppio taglio che possono essere i social. Questi fenomeni politici ne sono la prova: la maggior parte delle persone non conosce ciò che sta davvero dietro ai nuovi media, le leggi che li regolano; la chiave è imparare ad usarli nel modo più sicuro possibile.

Tornando ai giornali, Pini riflette su come essi presentino una visione gerarchica del mondo: il giornalista non ha solo il compito di riportare le notizie, ma le sceglie stabilendo una visione prioritaria degli avvenimenti da offrire al lettore. Questo comporta un dispendio economico che non tutti possono permettersi o sono interessati a sobbarcarsi; è anche la minor possibilità economica a far scendere la qualità di un giornale.

Pini lascia un monito importante a tutti i giornalisti attraverso il riferimento a Indro Montanelli, che in uno dei suoi reportage racconta l’invasione dell’Ungheria del 1956, ma si premura di avvertire i lettori: «Tenete a mente che nessuno ha visto tutto. Vi dico solo quel che ho visto io. E vi chiedo preventivamente scusa se vi parrà troppo poco».

Giulia Frontino

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di Paola Stella Paola Stella ha detto:

    🎀 Agnese Pini, giornalista eccellente ~ Articolo molto interessante sul giornalismo di pregio, ad oggi davvero raro.
    Buon martedi!

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    1. Avatar di Giulia Frontino Giulia Frontino ha detto:

      Grazie di cuore signora! Buona giornata☺

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