Basta dire “raptus”

Troppo spesso, leggendo un articolo di giornale, sentiamo parlare di “raptus omicida”, quel momento di rabbia e follia in cui una persona non sarebbe lucida o non pienamente in grado di intendere o di volere. Il termine è così utilizzato, tanto dalle testate giornaliste quanto da servizi o programmi televisivi, che parte della popolazione lo considera un termine tecnico-scientifico diagnostico, al pari di “infermità mentale”.
Ma cos’è il raptus? Ha davvero valenza a livello psicologico?

Da dove deriva il termine?

“Raptus”, dal latino raptus “rapimento”, derivato di ràpere “rapire”, è oggi un termine che, nel linguaggio comune, si riferisce a un atto improvviso, tipicamente di natura violenta. In letteratura rappresenta invece un momento travolgente di massima ispirazione. Cercando questo termine sull’Enciclopedia Treccani leggiamo: “In psichiatria, impulso improvviso e incontrollato che, in conseguenza di un grave stato di tensione, spinge a comportamenti parossistici, per lo più violenti”.

Il raptus per la psicologia

La sua stessa esistenza a livello psicologico è stata in passato molto dibattuta: la Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha messo in discussione la sua validità clinica. Già anni fa, infatti, pubblicò una nota stampa a seguito dell’esaminazione di 400 casi di omicidio in cui si parlasse di “raptus”. Di questi, soltanto a tre venne diagnosticata una forma di malattia mentale e in nessuno dei casi il cosiddetto raptus fu la causa effettiva dietro l’atto violento: non era, dunque, tutto riconducibile a un singolo momento di “follia”, le dinamiche di ciascun caso preso in esame erano molteplici e di altra natura. Qui di seguito, un post Facebook della SIP del 2024 in cui viene ribadita la loro posizione in merito.

Facebook: Società Italiana di Psichiatria, 5 settembre 2024

Spostandoci a livello internazionale, la conclusione resta la stessa: il raptus non è una diagnosi psichiatrica, lo possiamo definire piuttosto come un termine che descrive un certo tipo di comportamento.

E a livello giuridico?

Poter affermare con certezza che il raptus omicida di fatto non abbia valenza clinica e sia, ormai, un termine obsoleto, è fondamentale in ambito giuridico. Troppo spesso il “momento di follia” viene sfruttato dalla difesa nei casi di omicidio per insinuare una momentanea perdita della capacità di intendere e di volere, nel tentativo di ottenere un’attenuante per infermità mentale e, al contempo, evitare l’aggravante della premeditazione.
Questa linea difensiva è molto frequente nei casi di omicidi passionali, è raro sentire parlare di un femminicidio senza leggere un “ha perso la testa” o “era fuori di sé per la gelosia”.

I disturbi psichiatrici e la violenza

Spesso alcuni disturbi psichiatrici vengono utilizzati come attenuanti, sia in tribunale che nell’ambito dell’opinione pubblica. Un esempio classico è quello della depressione, come abbiamo visto nei casi di femminicidio di Patrizia Russo e Assunta Carbone. Alcune affermazioni sembrano quasi voler intendere che lo stato clinico degli aggressori possa averli in qualche modo portati a un gesto tanto estremo.  
Nonostante ciò, i dati parlano chiaro: le persone affette da depressione non sono in alcun modo più propense alla violenza e, tantomeno, alla commissione di omicidi.   
Al contrario, si registrano spesso tendenze autolesioniste.  

Per anni le persone affette da disturbi psichiatrici sono state stigmatizzate, recluse, nascoste negli angoli più remoti della società perché stessero lontane dalle “persone normali”, considerate pericolose per il semplice fatto di esistere.
In tanti altri casi, sono state invece ignorate, private di qualsiasi tipo di aiuto o sostegno, o del mero diritto di essere “viste davvero”.

Anche i media hanno per diverso tempo sfruttato stereotipi negativi legati ai disturbi psicologici e psichiatrici. Soltanto negli ultimi anni abbiamo visto la produzione e distribuzione di film e serie TV che vogliono invece smontare questi stereotipi.

Tutto quello che consumiamo influenza ciò che pensiamo, e il linguaggio è allo stesso tempo strumento e risultato per ciò che vogliamo comunicare. Per questo motivo, utilizzare un linguaggio corretto, scegliere determinate parole piuttosto che altre è indispensabile quando cerchiamo di cambiare la retorica attorno ad argomenti sensibili.
Quando non si parlerà più di “raptus omicida”, ma di femminicidio, quando si darà più importanza ai fatti piuttosto che al titolo sensazionalistico, allora, forse, staremo andando nella giusta direzione.

Alice Musto

Fonti:

Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Raptus. Vocabolario Treccani. https://www.treccani.it/vocabolario/raptus/

Rizzoli Melania, “La scienza parla chiaro: il raptus non esiste, è solo una giustificazione”, Il Giornale, 2 settembre 2024. https://www.ilgiornale.it/news/politica/scienza-parla-chiaro-raptus-non-esiste-solo-giustificazione-2364002.html

Redazione web, “Patrizia Russo uccisa da Giovanni Salamone: movente depressione, cosa sappiamo oggi”, Leggo.it, 17 ottobre 2024. https://www.leggo.it/italia/cronache/patrizia_russo_uccisa_giovanni_salamone_movente_depressione_cosa_sappiamo_oggi_17_10_2024-8421165.html

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di Vincenza63 Vincenza63 ha detto:

    Sono completamente d’accordo.

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    1. Avatar di Alice Musto Alice Musto ha detto:

      Grazie per la lettura!

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    2. Avatar di Vincenza63 Vincenza63 ha detto:

      Grazie a te per aver affrontato un argomento così delicato ed attuale, purtroppo. Ciao Alice

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