Leonardo Vitale, il pentito a cui nessuno credette

Il pentitismo ha giocato un ruolo essenziale nello smascherare organizzazioni mafiose. Si tratta di un fenomeno nel quale un soggetto coinvolto in fenomeni criminali, definito “collaboratore di giustizia”, collabora con le forze dell’ordine al fine di aiutarle nelle indagini, ottenendo in cambio una riduzione di pena e la protezione da parte dello Stato.

Sebbene la figura del collaboratore di giustizia esistesse già da tempo, essa assunse particolare rilievo e importanza in Italia a partire dagli anni Ottanta, con il famoso Maxiprocesso di Palermo contro l’associazione Cosa Nostra. Il processo è conosciuto per essere la prima grande reazione dello Stato contro la mafia siciliana, condannandone per la prima volta i membri. Un grande aiuto ai fini dello smascheramento dell’organizzazione criminale arrivò dai cosiddetti “pentiti di mafia”, le cui dichiarazioni permisero una lettura approfondita della situazione. Furono 21 in totale i pentiti, tra i quali il più noto fu Tommaso Buscetta, che collaborò nel 1984 con Giovanni Falcone, rivelando tutto ciò che sapeva su Cosa Nostra. Fu una confessione di estrema importanza, che fece ricredere Falcone sulle dimensioni e sulla pericolosità dell’organizzazione.

“Il fenomeno del pentitismo, valutato spesso in modo troppo emozionale fin quasi a demonizzarlo, costituisce in realtà uno dei temi fondamentali su cui si gioca il buon esito della riforma del processo penale. È necessario riaffermare ancora una volta che, in un processo penale dominato dall’oralità e dalla formazione dibattimentale della prova, non si può fare a meno, soprattutto in tema di reati di criminalità organizzata, del “teste della Corona” e cioè delle dichiarazioni di coloro che, proprio per avere fatto parte di organizzazioni criminose, sono in grado di riferire compiutamente dall’interno le dinamiche e le attività illecite delle organizzazioni stesse.” 

Giovanni Falcone

Sebbene Buscetta sia il più conosciuto tra i pentiti di mafia e sia spesso (erroneamente) considerato il primo, a iniziare questo fenomeno fu un altro ragazzo, ben dieci anni prima, il quale però non venne creduto da nessuno. Stiamo parlando di Leonardo Vitale, un giovane palermitano, precisamente di Altarello di Baida, appartenente a una famiglia mafiosa.

Fin da piccolo, Vitale venne educato ai valori e al rispetto di Cosa Nostra, per poi divenirne ufficialmente affiliato nel 1958; da allora, dopo essere stato sottoposto a diversi riti tra cui l’uccisione di un rivale, compì diversi crimini nel corso degli anni Sessanta: minacce, omicidi, estorsioni… il tutto per conto di suo zio Gianbattista “Titta” Vitale, capo dell’organizzazione di Altarello di Baida.

Nel 1972 Leonardo, implicato in un sequestro, venne arrestato e imprigionato per alcune settimane, durante le quali egli mostra atteggiamenti di depressione, probabilmente aggravati da quella breve permanenza in carcere. Verrà anche sottoposto all’elettroshock.

Un anno dopo, il giovane si ripresentò in questura e, attanagliato da sensi di colpa, decise di confessare tutti i crimini commessi per conto di Cosa Nostra, senza risparmiare dettagli sull’organizzazione e facendo parecchi nomi, tra cui Salvatore Riina, Giuseppe Calò, Vito Ciancimino. Rivelò anche l’esistenza di una “Commissione” di Cosa Nostra, organo al tempo sconosciuto dalla magistratura.

Quelle di Vitale sono confessioni preziose. Purtroppo, però, le cose andarono diversamente: Leonardo Vitale non venne creduto, venne dichiarato infermo mentale e arrestato. Parecchi membri dell’associazione mafiosa vennero interrogati, ma furono presto rilasciati per mancanza di prove. Etichettato come pazzo, Vitale spese ben sette anni in un manicomio di Barcellona, sottoposto continuamente a cure con psicofarmaci ed elettroshock.

Lo Stato non gli credette, ma Cosa Nostra sapeva benissimo che ciò che aveva confessato era verità: una volta dimesso, il 2 dicembre 1984, Salvatore venne raggiunto da due colpi di arma da fuoco alla testa che posero fine alla sua vita.

Anni dopo, le sue confessioni saranno ritenute valide e Falcone gli renderà omaggio per il suo importante contributo alle indagini.

Giustizia era stato, nell’ormai lontano 1973, Vitale Leonardo, un modesto “uomo d’onore” che, travagliato da una crisi di coscienza, si era presentato in Questura ed aveva rivelato quanto a sua conoscenza sulla mafia e sui misfatti propri ed altrui. Oltre dieci anni dopo, Buscetta Tommaso, Contorno Salvatore ed altri avrebbero offerto una conferma pressoché integrale a quelle rivelazioni; ma nessuno, allora, seppe cogliere appieno l’importanza delle confessioni del Vitale Leonardo e la mafia continuò ad agire indisturbata.

-Giovanni Falcone.

Monica Poletti

Crediti immagini di copertina: https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/228-cosa-nostra/81146-chi-era-leonardo-vitale-un-pazzo-che-aveva-voltato-le-spalle-a-cosa-nostra.html https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Giovanni_Falcone_2.jpg

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