GIACOMO POZZI E LA RESPONSABILITÀ DI UN VIAGGIO

Crediti immagine: Giacomo Pozzi

Nell’articolo che vi proponiamo oggi, abbiamo deciso di parlare di un tema innovativo di cui pochi hanno sentito parlare. E abbiamo pensato che il modo più diretto per spiegarlo sia attraverso le parole di Giacomo Pozzi, un ragazzo di ventiquattro anni che, nell’ultimo periodo, si è avvicinato alla permacultura e a quello che è, a tutti gli effetti, un vero e proprio stile di vita.

“L’unico modo per capire appieno che la permacultura è uno stile di vita è farne esperienza, è conoscere persone che l’hanno adottata nella propria vita e visitare i luoghi in cui essa si è sviluppata. Si basa su tre principi etici: prendersi cura della terra; creare, condividere abbondanza e riuscire, imitando il bosco, a creare dei sistemi il più possibile autosufficienti e a far sì che essi siano resilienti per evitare una dipendenza totale dall’uomo. Infine, il terzo principio si basa sul prendersi cura di sé stessi, perché parte tutto dalla zona zero, dalla nostra famiglia, da noi come persone, da dove si progetta tutto lo spazio.”

Il libro di Giacomo, Un Baobab toccò il cielo dell’Africa, è un romanzo di formazione che si avvicina all’argomento e lo scuote per carpirne ogni fibra, ogni sua più intima essenza. Cerca di “denunciarne” l’esistenza per portare la luce su realtà così dissimili dalla nostra. Conduce il lettore a prendere conoscenza di sé e a far capire come ci si conosca al meglio, non analizzando quello che ci succede, ma studiando come reagiamo alle situazioni. Le tematiche trattate tra le pagine sono incredibilmente forti, a tratti violente: si parla di coraggio, di libertà, di prendersi cura di sé e dell’altro, ma lo si fa con forza e determinazione, senza mezzi termini.

La visione di un mondo così lontano e diverso dal nostro è difficile da immaginare ed è complesso immedesimarvisi per vari motivi. L’autore si è espresso così, a riguardo:

“Il territorio è più aspro del nostro, è ineluttabilmente più estremo e considerevolmente più silenzioso. L’Africa possiede un movimento di vita differente dal nostro, è un mondo a sé stante, in cui c’è, però, la pura possibilità di conoscenza, della conoscenza vera, senza filtri. Noi utilizziamo il telefono, siamo come automi dietro uno schermo, ma lì c’è natura, c’è contatto, c’è vita. È come un tempo sospeso per cui spesso l’ambientazione sembra semifantastica in alcune parti, anche se i luoghi descritti esistono. Tuttavia, non avendo mai visitato il continente africano, ciò che ho descritto rimane, per ora, solo sulla carta. Ma un giorno andrò in quelle terre, anche solo per rispetto, e riporterò la mia personale testimonianza.”

Il romanzo è stato prodotto in due mesi e mezzo e la stesura è stata priva di particolari difficoltà, come ha detto lui stesso:

“Non ho trovato difficile scrivere di questa realtà perché mi sono documentato a fondo e per lungo tempo, ho studiato tanto e le parole, assieme alla conoscenza che via via stavo introducendo, fluivano veloci sul foglio. Difatti, prima ho scritto tutto su carta, poi ho trascritto tutto sul PC. Ho amato aggiungere una visione più esoterica fatta di simboli come l’URUBORU, il serpente che si mangia la coda e che identifica l’infinito o lo stesso baobab presente nel titolo che raffigura la vita e la ciclicità.”

Come mai questo titolo per il tuo romanzo?

“Perché il fatto che tocchi il cielo è un po’ scegliere come vivere e come morire. Avevo visualizzato proprio un’immagine mentale: un foglio bianco con al centro un punto nero che mi ha fatto pensare a un punto di partenza. Basandomi sul legame con la natura può raffigurare un seme che germoglia, mentre per quanto riguarda il legame con la vita umana può sembrare un embrione che si sviluppa, nasce e cresce, poi muore fino a che il ciclo della vita ricomincia, inesorabilmente. Si parla di “potenzialità della vita” e fino a quando essa è presente c’è la speranza. Ho iniziato a redigere la storia proprio da questo poiché tutto è partito da quel punto nero in mezzo al bianco. Il seme che germoglia e si fa pianta, parte dalla terra, si eleva fino in cielo e tocca anche il mezzo, quello che intercorre tra le due realtà. Lo stesso vale per la persona che inizia e conclude un percorso, di vita o di apprendimento. Ho scelto l’Africa per questo preciso motivo: sento che rappresenta perfettamente il senso della vita, il senso di una vita differente dalla nostra, ma meravigliosamente unica e spettacolare.”

E i nomi dei personaggi, come li hai scelti?

“Li ho scelti in modo molto naturale perché mi sono venuti spontaneamente ed erano in perfetta linea con la storia, soprattutto con alcune parti della stessa; alcuni nomi rispecchiavano i sentimenti, le sensazioni di determinate parti del racconto, erano esplicativi. Sono nomi collegati a momenti specifici, a una vicenda, a un cambio radicale, a un istante che si prolunga in un avvenimento. Era tutto collegato. Il sunto di certe parti della storia.”

L’intervista è proseguita, poi, entrando nei particolari della vita dell’autore fino a giungere alla domanda clou:

C’è qualcosa di Giacomo Pozzi all’interno della storia?

“È tutto inventato ma quando scrivi, quando inventi, in realtà, c’è sempre una parte di te all’interno della storia e tra le parole presenti in essa. Non direi che c’è Giacomo Pozzi nella sua interezza, ma una versione reinventata di me stesso perché ho saputo parlare di me in un modo nuovo e attraverso le storie dei miei personaggi. È tutto velato, sottile, impercettibile, anche e persino all’autore, anzi, in primis allo scrittore che se ne rende conto solo dopo, quando sono gli altri che fanno notare dettagli e particolari che neppure ci si era accorti di aver descritto o – al contrario – tralasciato. È uno scambio, un susseguirsi di punti di vista diversi ma apprezzabili e condivisibili.”

Giacomo si definisce una persona curiosa fin da piccolo e racconta che la passione per mondi diversi dal suo è maturata insieme a lui nel corso degli anni fino a portarlo a iscriversi all’Accademia italiana di permacultura in Toscana che gli ha aperto gli occhi su realtà, luoghi e modi di vivere differenti.

Gli piacerebbe visitare più ecovillaggi e, con gli introiti provenienti dai progetti a cui partecipa e dalla vendita del suo libro, spera di acquistare, in futuro, un pezzo di terra per un suo personale progetto o, perlomeno, affiancarsi a un progetto già esistente e portare avanti questo prospetto negli anni a venire.

Il libro conta ben 312 pagine e Giacomo ha affermato che

“Quando arrivai a 150 pagine compresi che ero solo a metà racconto; corressi in autonomia le bozze ‒ il mio editore mi ha aiutato solo nel campo dell’ortografia o per errori di battitura o anche solo per termini dialettali che credevo, invece, essere universali. Ho scelto di non descrivere proprio ogni cosa, desidero che sia il lettore a immaginarsi alcune scene o parti, volevo che s’immedesimasse senza spiegare ogni singolo dettaglio. È giusto così: i libri servono anche a questo, ampliare le proprie conoscenze, porsi domande e cercare le risposte.”

La casa editrice con cui ha collaborato è una piccola editoria che, però, aveva tutto quello che lui cercava: affidabilità e contatto umano. Inoltre, l’immagine di copertina ha un retroscena davvero sorprendente:

“In un ecovillaggio, durante un corso di bioedilizia, conobbi una ragazza tatuatrice che mi mostrò i suoi vecchi progetti. M’innamorai del suo stile e quando vidi quell’immagine, fu amore a prima vista. Lo scelsi e lei lo risistemò, adattandolo a come mi ero immaginato la storia. La rappresenta totalmente: è come un mix di coincidenze assolutamente perfette, è la comunicazione che traspare che rapisce.”

Giacomo Pozzi, nonostante la sua giovane età, ha dato vita a un grande progetto letterario e ha avuto già la possibilità di mostrare la sua opera in due licei della sua città (Imola). Gli studenti si sono mostrati soddisfatti perché si aspettavano un corso di scrittura, ma invece è stato un incontro informale, tappezzato di scambi, di esperienze e di conoscenze.

“Io non sono nessuno, io non potrò mai dire a qualcuno come scrivere e, ancor meno su cosa, perché io ho un mio modo di scrivere, non seguo schemi se non i miei. Volevo esprimermi e parlare di argomenti nuovi, innovativi ed educativi. Ho preso la decisione di scrivere a «The Password» e vorrei anche andare in altre scuole fino a raggiungere l’università perché siamo una realtà giovane ed è importante che si diffondano argomenti ambientali e di permacultura. Voglio che tutti abbiano il coraggio di fare qualcosa prima per sé e poi donarlo agli altri. Credo che sia un regalo che io apprezzerei moltissimo a parti invertite. Scrivere un libro consente di sviluppare e ascoltare il potenziale che si ha dentro.”

Aggiunge anche che sarebbe bellissimo poter vedere il suo libro diventare un film perché si trasformerebbe in un prodotto perfetto. L’importante è non cambiare del tutto la storia, o si perderebbe totalmente l’essenza della stessa. La trasposizione comporta un cambio ma è fondamentale che non sia una modifica totale, come accadrebbe per un videogioco.

“Sarebbe strano, e personalmente sarebbe come snaturarlo, destrutturarlo perché la trama segue un suo corso e se si cambiasse qualcosa si rischia di perdere la sua essenza. D’altro canto, sarebbe interessante vedere come verrebbe in quanto, alla fine, è una storia universale e tutti potrebbero dare alla storia una visione diversa. Io l’ho scritta come mi veniva con uno sviluppo serrato ma, allo stesso tempo, può assumere tutte le forme possibili. La mia storia è come un manichino senza vita: ognuno può aggiungere la linfa vitale che desidera, anche se questo rischierebbe di modificare totalmente la trama stessa. Darei una possibilità, giocherei io per primo, ma non sono convinto al cento per cento che sia adatto.”

Come ti senti quando pensi al traguardo che hai raggiunto?

“Mi sento responsabile di un viaggio: ho scelto d’intraprendere un percorso impegnativo. Sono, però, anche soddisfatto, sono energico, ma a tratti stanco. Ci sono tanti contrasti tra le mie emozioni.”

Che consigli daresti a una persona con un talento come il tuo?

“Innanzitutto, vorrei tanto che chiunque ami scrivere riconosca l’immenso talento che possiede. Se c’è qualcosa per cui siamo portati non bisogna fare un passo indietro, dobbiamo essere liberi come l’acqua che bolle, riconoscere questo movimento, andargli incontro, anche controcorrente. Muoversi insieme senza mettere un muro per paura del giudizio o di compiere un passo nel vuoto, non avere paura ma solo tanto coraggio e buttarsi a capofitto in quest’avventura. Non fare quello che gli altri si aspettano che noi facciamo ma quello che noi stessi vogliamo.”

Hai altri progetti in mente?

“Sì, e per la maggior parte sono tutti legati alla permacultura a cui sono inevitabilmente affezionato. Ho in mente già due romanzi. Al giorno d’oggi, è davvero complesso parlare di temi di cui nessuno ha mai letto qualcosa: siamo in un mondo in cui la crisi d’identità è molto forte, eppure la lettura può avvicinare incredibilmente le persone, soprattutto lettori e scrittori che, poi, sono due facce della stessa medaglia. La parola arriva pura e il lettore è pronto a ricevere ciò che è pronto a ricevere e, parallelamente, conosce la persona dietro le parole attraverso lo stile e le descrizioni dell’autore.”

Concludiamo quest’articolo come abbiamo concluso l’intervista: ringraziando Giacomo Pozzi per la sua disponibilità e per essersi offerto di essere intervistato.

L’incontro ci ha consentito di accrescere la nostra conoscenza riguardo un argomento, purtroppo, ancora troppo ignoto. L’autore ci ha dato la possibilità di ampliare i nostri orizzonti e per farlo a trecentosessanta gradi non ci resta che correre in libreria, o sui siti da lui gentilmente suggeriti, per leggere l’intera storia e avere un quadro ancora più chiaro, più netto, più diretto di questa fantastica terra.

Se avete voglia potete lasciare una recensione e anche contattare l’autore su IG (@jack_desonet): è disponibile a confronti e chiarimenti.

Prima di lasciarvi, vi doniamo un paragrafo tratto dal suo libro:

Crediti immagine (anche per la copertina): Giacomo Pozzi

Erika Morrone

Link per l’acquisto del libro:

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