Conservare l’umano nella disumanità: la storia di “The Mauritanian”

Prima di entrare nel ventunesimo secolo, venivano diffuse le teorie più disparate su cosa sarebbe stato il nuovo millennio: catastrofi naturali, invasioni apocalittiche, erano il frutto di un timore per l’ignoto che rendeva plausibile idee ai confini della realtà. Quello che si verificò all’inizio del secolo però, fu qualcosa che nessuno, fino a quel momento, era stato capace di immaginare.

L’undici settembre del 2001 non segnò solo il passaggio dal XX al XXI secolo, ma l’inizio di una vera e propria nuova era . Il crollo delle Torri Gemelle, fece crollare con sé le certezze dell’Occidente, e soprattutto quelle dell’America, che si scoprì per la prima volta vulnerabile agli occhi del mondo. Il terrore, che come evidenziato prima era già un sentimento dominante prima dell’attacco al World Trade Center, divenne il motore che dominò le scelte, dalla politica alla sicurezza, che gli Stati Uniti e l’Occidente avrebbero intrapreso, ma fu usato anche come problema da dover eliminare: si diede inizio così alla “guerra al terrore”.  

Fin da subito il bersaglio di questa guerra fu chiaro: la personificazione del terrore, per gli Stati Uniti, era Al-Qāʿida e bisognava fare di tutto per scongiurare la minaccia alla sicurezza americana.

20 settembre 2001

«Il nostro nemico è una rete radicale di terroristi e ogni governo che li sostiene. La nostra guerra al terrore inizia con al-Qāʿida, ma non finisce lì. Non finirà fino a quando ogni gruppo terroristico di portata globale sarà trovato, fermato e sconfitto.»

Con queste parole l’allora presidente americano G.W. Bush dà il via a una delle prime guerre del XXI secolo. Questo atteggiamento ebbe immediate ripercussioni nella scacchiera mondiale, prime fra tutte l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. Insieme agli attacchi militari, si verificarono altri effetti che all’epoca si faceva attenzione a tenere ben lontani dall’opinione pubblica, ma che negli ultimi anni sono diventati sempre più noti: le azioni controverse dei militari americani in Iraq e Afghanistan, le discriminazioni e le forti violenze e brutalità subite dalla comunità araba e musulmana in America, sono frutto dei sentimenti di vendetta e ostilità che il governo americano traduceva in sentimenti di amore per la patria e di lotta per una libertà rubata.

Trailer italiano di The Mauritanian (2021)

Una storia che ben dimostra come l’amministrazione Bush si sia lasciata guidare dal sospetto e dalla volontà di trovare a tutti i costi un capro espiatorio è quella di Mohamedou Ould Slahi, prigioniero a Guantánamo Bay dal 2002 al 2016 e che scrive la sua esperienza in  12 anni a Guantanamo (Guantanamo Diary), diventato film nel 2021 con il titolo di The Mauritanian. Il 4 agosto del 2002, Slahi viene portato nella prigione di Guanánamo, a Cuba, luogo di torture e incarcerazioni sommarie, dove la libertà che tanto si stava proteggendo in America, veniva sottratta ad altri proprio dagli stessi americani. Il giovane mauritano verrà tenuto qui per 14 anni, senza essere stato incriminato e senza essere stato sottoposto ad alcun processo. Gli anni di prigionia saranno segnati da continui maltrattamenti e abusi di ogni genere, fino a culminare in una confessione forzata, in quanto gli Stati Uniti volevano incriminare Slahi come uno degli organizzatori dell’attentato dell’undici settembre. Grazie al lavoro dell’avvocato difensore Nancy Hollander e Teri Duncan, Mohamedou Ould Slahi riuscirà finalmente ad avere giustizia, seppur a fatica. Infatti se il processo per il suo rilascio avviene nel 2010, a causa dell’opposizione del governo americano, Slahi non verrà liberato che nel 2016.

Nonostante i momenti disumani vissuti durante la prigionia, Slahi riuscì sempre a mantenere viva la sua umanità: imparò l’inglese ascoltando le guardie e la televisione, scrisse e pregò e come mostra il Guardian, riescì perfino a diventare amico con una delle guardie. Vedere e anche solo immaginare quello che ha dovuto subire durante la sua prigionia toglierebbe a chiunque ogni tipo di forza vitale, ma Mohamedou resiste e come scrive nella lettera ad un prigioniero politico nel 2021, bisogna “continuare ad avere speranza”.

Maël Bertotto

Crediti immagine di copertina:

https://tribecafilm.com/films/my-brother-s-keeper-2021

Fonti:

My Brother’s Keeper: a former Guantánamo detainee, his guard and their unlikely friendship, The Guardian Youtube (https://www.youtube.com/watch?v=IH-h3h22Hck)

-lettera di Mohamedou Ould Slahi: Mohamedou Ould Slahi reads his letter to a political prisoner, introduced by Benedict Cumberbatch (https://www.youtube.com/watch?v=-0-KwnRD9Ic)

-The Mauritanian, K. Macdonald, 2021 (Prime Video)

-12 anni a Guantanamo (Guantanamo Diary), Mohamedou Ould Slahi, 2015, Piemme

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