È difficile restare indifferenti di fronte a una tragedia come quella del naufragio di centinaia di migranti avvenuta, ad aprile del 2015, nel Canale di Sicilia. Ancora più difficile è non addolorarsi di fronte all’ingiustizia della morte di un bambino di 14 anni, senza un nome identificato, trovato con una pagella cucita in tasca, pronto a iniziare una nuova vita e a frequentare la scuola.
In onore di quel bambino è nato il progetto Pagella in tasca-canali di studio per minori rifugiati, promosso dalle organizzazioni umanitarie INTERSOS e UNHCR, in collaborazione con il Comune di Torino.
In cosa consiste il progetto?
Un gruppo di 35 ragazzi tra i 15 e 17 anni provenienti dal Sudan sono stati selezionati per ricevere un visto di ingresso in Italia per poter frequentare la scuola e una volta ricevuta la licenza media, proseguire gli studi. La maggior parte di loro parte con un livello scolastico molto basso, in quanto non hanno mai iniziato gli studi o non hanno potuto proseguirli. Nell’ottobre del 2021 i primi cinque ragazzi sono stati accolti all’aeroporto di Torino, altri quattro sono invece arrivati in città un anno dopo, a fine 2022, pronti ad essere accolti dalle famiglie affidatarie.
Scappare da guerra e povertà
Qualcuno vuole diventare medico, qualcun altro avvocato, piccoli sogni nel cassetto che tutti noi abbiamo fin da piccoli e che possiamo realizzare grazie alle condizioni sociali, economiche e culturali in cui viviamo. Altri giovani, purtroppo, nascono e crescono in condizioni di guerra e povertà e spesso sono costretti a separarsi dalla loro famiglia, per sempre. I ragazzi di Pagella in tasca sono scappati dal Darfur, una provincia del Sudan colpita da un conflitto armato che dura da vent’anni, e in età ancora pre-adolescenziale sono giunti in Libia, dove hanno subito violenze e abusi. Si sono poi rifugiati in Niger e qui sono stati selezionati sulla base della loro motivazione per lo studio per aderire al progetto.
La giornalista Chiara Sgreccia, sul giornale «L’Espresso», racconta dell’incontro con uno di questi giovani, che nella sventura hanno incontrato uno spiraglio di fortuna. Moubarak ha 18 anni e vive in una casa-famiglia a Piobesi Torinese. A soli 15 anni, dopo un attacco al suo villaggio da parte delle bande armate, è fuggito nei boschi e non è più tornato a casa. È arrivato in Libia e ha provato ad attraversare il mare tre volte per raggiungere l’Europa, ma tra percosse e la mancanza di cibo si è arreso e ha deciso di mettersi in sicurezza in un campo di rifugiati in Niger.

Gli sviluppi
Come detto in precedenza, i primi cinque ragazzi sono stati accolti a Torino a fine 2021, e affidati a famiglie selezionate da assistenti sociali. Il supporto da parte delle famiglie e di tutti gli operatori che hanno partecipato a questo progetto di accoglienza, quali psicologi, scuole, il Comune, la comunità sudanese e l’associazione di rifugiati Mosaico, hanno contribuito a favorire l’integrazione dal punto di vista scolastico e culturale.
Purtroppo ancora oggi i profughi minorenni non accompagnati non sono considerati dai corridoi umanitari e spesso rimangono nei campi per rifugiati oppure tentano la sorte attraversando il mare.
Pagella in tasca si contraddistingue per essere il primo progetto al mondo che dà la possibilità ai minorenni non accompagnati di scappare dalla condizione di guerra e povertà. Un suo sviluppo in ottica futura potrebbe dare la possibilità a molti altri giovani di raggiungere gli stati europei in maniera più sicura, senza incorrere in rischi relativi agli spostamenti via mare che spesso si tramutano in tragedie.
Gabija Jonaityte
Crediti immagine di copertina: @asai_torino on Instagram
