Margaret Mead: pensare a sesso e genere negli anni ‘60

Margaret Mead è stata una nota antropologa statunitense i cui studi hanno avuto un enorme impatto sulla rivoluzione sessuale degli anni ‘60. Anticipatrice del suo tempo, la Mead, attraverso i suoi studi sul campo, capisce che manca qualcosa nella letteratura antropologica. È un punto di vista che è stato completamente ignorato e che esclude, di fatto, un elemento fondamentale per un’analisi completa di qualsiasi società.
È il punto di vista delle donne.

Fino agli 50-60 gli antropologi si sono occupati di raccogliere informazioni sulle diverse società esistenti, raccolte attraverso l’osservazione partecipante e il rapportarsi direttamente con la popolazione. Delle società studiate, erano le più autorevoli ovvero : uomini, spesso i capi villaggio o sciamani.
Come risultato tutto quell’ambito della vita domestica, familiare e della quotidianità veniva filtrato attraverso gli occhi di uomini in posizioni di potere.

Con l’inizio di un’antropologia che da voce alle donne si aprono le porte ad alcune società che fino a quel momento gli antropologi avevano ignorato. In particolare, viene posta l’attenzione sull’aspetto domestico e familiare della società. Per questo motivo l’antropologia non viene più considerata solo in un’ottica politica, ma anche in quella domestica.

Con l’apertura di questo nuovo scenario abbiamo finalmente un’analisi sociale che unisce e mette a confronto il mondo degli uomini e quello delle donne, con i loro ruoli, comportamenti ed attitudini. E gli antropologi cominciano a chiedersi anche il perché di queste differenze: è semplicemente una questione di biologia o c’è altro?
È la natura a influenzare la cultura?

Margaret Mead fu tra le prime antropologhe a sottolineare come in tutte le società la cultura ha un impatto concreto ed evidente sul “temperamento” dei singoli individui.
I valori fondamentali di una cultura modellano comportamenti, desideri e attitudini di chi di quella cultura fa parte. Sembra però, osservando la società occidentale, che uomini e donne sviluppino “naturalmente” temperamenti diversi.

Ed è qui che entra in gioco il concetto di genere, che, seppure Margaret Mead non lo abbia mai utilizzato, i suoi studi sono stati fondamentali per la successiva nascita della più moderna concezione di genere.
Margaret Mead, figlia del suo tempo, comincia un’analisi dei comportamenti e dei ruoli di uomini e donne presso tre tribù della Nuova Guinea, con la convinzione che le attitudini caratteriali dei due sessi siano una questione prettamente biologica.
Nonostante questo, grazie alle sue ricerche, Margaret Mead arriva alla conclusione opposta: le differenze tra uomo e donna sono socialmente e culturalmente costruite.

I risultati sono evidenti.
Le tre tribù analizzate dall’ antropologia sono state Arapesh, Mundugumor e Tchambuli.
Presso gli Arapesh, uomini e donne hanno entrambi un carattere tendenzialmente mite e cooperativo in parti uguali anche nella crescita dei figli.
Nei Mundugumor, uomini e donne risultano aggressivi, severi e propensi alla violenza senza particolari differenze tra i due sessi.
Infine, presso i Tchambuli, la Mead trova un’effettiva differenza caratteriale, opposta però a quella tipicamente ‘occidentale’: è l’uomo infatti ad essere la parte più mite e meno attiva della società.

Mead ha dedicato gran parte della sua carriera all’esplorazione delle diverse concezioni di maschile e femminile presenti nelle varie società. Attraverso i suoi studi, Mead dimostrò come le nozioni di genere non fossero intrinsecamente legate alla biologia, ma fossero invece il risultato di costruzioni sociali e culturali. Nel suo celebre libro Maschio e Femmina, pubblicato nel 1949, Mead esamina in dettaglio i ruoli di genere, le aspettative e le differenze comportamentali che caratterizzano le diverse società.

Attraverso le sue ricerche etnografiche, Mead ha scoperto che le definizioni di maschile e femminile possono variare considerevolmente da una cultura all’altra. Ad esempio, alcune società conferiscono maggior importanza alle qualità “maschili” come la forza fisica e il coraggio, mentre altre attribuiscono valore alle caratteristiche “femminili” come l’empatia e la cura degli altri. Mead riconobbe che queste concezioni di genere non erano fisse o universali, ma dipendevano dalle norme e dai valori culturali specifici di ogni società.

L’opera di Mead Maschio e Femmina ha avuto un impatto significativo nello sviluppo degli studi di genere. Grazie al suo lavoro pionieristico, si è aperto un dibattito sulla natura del genere e sulle dinamiche di potere che lo sostengono. I concetti e le teorie presenti nel suo libro hanno contribuito a sfidare le idee preconcette sulla differenza tra sessi e a promuovere una visione più inclusiva e interculturale del genere.

Ancora oggi, Mead viene considerata una delle figure più influenti nel campo dell’antropologia e degli studi di genere. La sua ricerca invita a riflettere sulle molteplici e complesse manifestazioni della diversità di genere, e ci spinge a cercare una maggiore comprensione e accettazione delle differenze, promuovendo una società più equa e inclusiva per tutti.

Alice Musto

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