Kathleen Mansfield Beauchamp si fa chiamare anche Katherine, Kass, KM, Katie, Katiushka, Matilda Berry, Elizabeth Stanley, Tig, Julian Mark: un volto, tanti nomi. Nata a Wellington, in Nuova Zelanda, nel 1888, finisce gli studi a Londra tra 1903 e 1906. Ritorna in patria a vent’anni, quando inizia una nuova fase della sua vita, immersa tra amori e passioni letterarie.
Giovane poetessa e scrittrice, sfrontata, anticonformista e coraggiosa: questo e molto altro è Katherine Mansfield. “La sua febbre, la fretta, l’impazienza, l’appetito di vita dipendono dalla paura. Corre, corre di esperienza in esperienza…”: Nadia Fusini descrive così la sua personalità nel libro La figlia del sole, in cui racconta la biografia dell’autrice neozelandese. Lo fa però in un modo originale, facendo nascere tra due fratelli — Zoe e Francis, (lui scrittore e lei interprete) — un dialogo su Katherine. Francis vorrebbe scrivere della sua vita e Zoe, non conoscendola, ha tante domande. Attorno a questa conversazione ruotano le vicende di Kathleen (suo nome di nascita).

Sentendo che non può rimanere nella sua terra, seppur ridente e solare, ritorna a Londra, il suo spirito di avventura la spinge verso quella città traboccante di cultura. Qui entra in contatto con Virginia Woolf, che diventerà sua amica, e che proverà una forte ammirazione per lei. Proprio Virginia compone a mano nella sua tipografia di Hogarth House il racconto di Mansfield Preludio, pubblicato nel 1918. In questi anni, Katherine si avvicina al Bloomsbury Group, dove conosce anche David Herbert Lawrence, e scopre il suo talento da scrittrice. Non passa inosservata, sia per il suo stile anticonformista sia per il suo taglio di capelli quasi maschile.
Dopo relazioni con alcune donne, sposa George Bowden, suo maestro di canto (molto più grande di lei): il matrimonio dura solo un giorno, e Katherine è mandata in Baviera dalla madre. Nel 1911 conosce lo scrittore e critico letterario John Middleton Murry, suo grande amore. Con lui vivrà molti allontanamenti e i tradimenti non mancheranno. Come dice Francis, nel libro di Nadia Fusini, ci sono tre principali complicazioni: Katherine non è una donna semplice, Murry la ammira molto e lei è quella che impone il suo stile di vita nel loro rapporto. Lei fugge, ha questo ardente desiderio di vita dentro di sé. Al di là di questa pulsione, ha paura di rimanere sola, e per questo motivo ha bisogno di Murry. La loro non è una tradizionale vita coniugale e si lasciano e si ritrovano più volte.

Katherine è molto legata alle sue origini, nonostante la sua volontà di andarsene e di cambiare luogo. Ha tre sorelle e un fratello. La perdita di quest’ultimo la sconvolge terribilmente. Nonostante tutto, la sua terra, le sue radici la definiscono. La sua meravigliosa infanzia si ripresenta spesso nelle sue opere, come in Preludio e in Felicità. Sono sue amiche importantissime Ida Baker, con la quale potrebbe anche aver intrapreso una relazione, e Dorothy Brett.
Nel 1917 si ammala di tubercolosi, perciò decide di passare del tempo tra Francia e Italia, ma la situazione non migliora. I mesi trascorsi a Villa Pauline, a Bandol (in Francia), sono i più sereni. Lì comincia L’aloe, che poi diventerà Preludio. Il dolore la accompagna nei suoi ultimi anni. Nel suo racconto Bliss (1920), l’amore è respinto: la protagonista Bertha è tradita, come la stessa Katherine, che si sente profondamente offesa, da Murry. Crede, però, che la vita sia gioia, anche se il rifiuto d’amore riconduce inevitabilmente al dolore atroce.
Katherine è piena di speranza, ma la sua condizione è sempre stata contraddittoria. Parla di camping ground per riferirsi al suo modo di vivere: si sposta da un posto all’altro, come chi smonta la propria tenda. Lei ha un’anima autodistruttiva, in costante agonia con sé stessa. Si allontana dalle sue origini, ma non può fare a meno di raccontarle. Ripropone nei suoi racconti ciò che ha perduto. La malattia poi la sradica, la consuma lentamente. Zoe, nel quarto capitolo, dice al fratello: “Per me quella che mi hai raccontato è la storia di una donna che ritrova il contatto con la propria anima!”.

Nadia Fusini ci presenta una Katherine appassionata e viva, ma anche fragile e sola. Ciò che però la accompagna sempre è il suo smisurato coraggio. Va incontro alla morte, perché sa che deve, e man mano abbandona la scrittura. Il respiro viene meno, la malattia la porta alla fine. Nel 1922 si reca all’Istituto di Georges Gurdjieff (ex convento Le Prieuré), a Fointainebleau, e in questo ambiente particolare trascorre i suoi ultimi giorni. Vive in una condizione spartana, quasi povera. Un anno dopo muore a soli 35 anni, e viene sepolta nel cimitero di Avon.
Nei momenti che le restano, ormai debilitata dalla tosse, legge le ultime lettere di Cechov, modello letterario a cui è molto affezionata. Lui è morto, si è fatto inghiottire dalla sua stessa malattia, ha perso ogni speranza. Lei si segna nei suoi diari anche la frase di Lewis Wallace: “Al sole va chi morendo pensa al Sole“. Katherine ha sempre aspirato alla luce, al calore, alla vita. Con questa voglia di vivere e di amare, è andata comunque incontro alla fine, ha abbracciato il dolore accogliendolo in sé.

“Voglio diventare quel che potrei essere” (La figlia del sole, Nadia Fusini)
Cecilia Blunda
Crediti foto: https://cdn.britannica.com/18/195418-050-19501F35/Katherine-Mansfield-1914.jpg
https://teara.govt.nz/files/M169_2-028635mansfiledmurry.jpg
https://it.wikipedia.org/wiki/Katherine_Mansfield
https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2023/02/02/news/dalla_nuova_zelanda_a_londra_per_il_centenario_della_morte_di_katherine_mansfield-12616266/
