Cosa sappiamo sulle proteste in Turchia?

Le recenti proteste in Turchia sono iniziate dopo l’arresto di Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul, dando vita alla manifestazione più grande mai avvenuta nello Stato. Si tratta di proteste che hanno acceso il dibattito politico internazionale, avente come oggetto la democrazia e i diritti civili del Paese.

Perché sono scoppiate queste rivolte?

La causa principale è l’arresto di Ekrem İmamoğlu con false accuse di corruzione. Il sindaco di Istanbul rappresenterebbe l’avversario maggiore di Erdogan alle elezioni del 2028 (a cui non potrebbe partecipare in realtà, se non attraverso una complessa modifica costituzionale), alle quali Ekrem İmamoğlu si sarebbe presentato quattro giorni dopo l’arresto. L’uomo potrebbe essere considerato come la spina nel fianco di Erdogan: nel 2019 vinse le elezioni municipali di Istanbul, ed Erdogan chiese che venissero ripetute, accusando İmamoğlu di brogli elettorali, ma le vinse nuovamente. Nelle elezioni del 2024 il partito di İmamoğlu, CHP, non ha soltanto vinto le elezioni confermando il secondo mandato, ma ha addirittura superato il partito di Erdogan, l’AKP.

Manifestazioni e social

Le manifestazioni contro l’incarcerazione del sindaco sono iniziate il 19 marzo, ma hanno raggiunto il loro culmine il 29 marzo, quando due milioni di persone si sono riunite nel quartiere di Maltepe, a Istanbul, chiedendo anche la liberazione di altri prigionieri politici. I video di ciò che sta accadendo in Turchia sono diventati virali su molti social: tra questi ce n’è uno di İmamoğlu che si prepara a essere arrestato dagli agenti annodandosi la cravatta, ma hanno generato ancora più scalpore i video che hanno visto scendere in piazza moltissimi manifestanti, nonostante le proteste siano vietate in Turchia. La risposta delle autorità è stata molto dura: a oggi, quasi 1900 manifestanti sono stati arrestati, tra cui giornalisti, studenti ed impiegati. Amnesty International ha denunciato le violenze perpetrate dalle forze di polizia, oltre alle censure avvenute sulla stampa e sui social: in particolare sulla piattaforma di Elon Musk, X,  sono stati cancellati molti account di attivisti e centinaia di foto e video inerenti alle manifestazioni.

Unione Europea e Stati Uniti, opinioni contrastanti

La Commissione europea si è espressa in merito alle mobilitazioni affermando che la Turchia deve rispettare i valori democratici, compreso il diritto di manifestare pacificamente. Guardando verso l’Atlantico, invece, Trump non ha commentato le manifestazioni, ma qualche giorno dopo l’arresto di İmamoğlu ha affermato di voler riaprire le trattative con la Turchia per la compravendita di jet militari.

Le tecnologie messe in campo

Il governo turco ha messo in campo diverse tecnologie per contrastare le rivolte, come il riconoscimento facciale dei manifestanti, il controllo delle piattaforme social o l’accesso limitato a Internet. La tecnologia utilizzata ha infatti permesso di riconoscere il volto dei manifestanti attraverso i video filmati dagli agenti di polizia, che riconducevano i volti ad account social, ma a questa nuova tecnologia i dimostranti hanno risposto coprendosi il viso con sciarpe e cappelli.

Chi fa parte delle rivolte?

I membri principali delle rivolte sono gli studenti, molti dei quali non hanno mai visto una Turchia che non fosse sotto Erdogan, oltre che una grande partecipazione di curdi e armeni. È dunque possibile affermare che il cuore di queste rivolte siano gli studenti universitari, che si sono mobilitati quando due settimane fa l’università di Istanbul ha ritirato la laurea conseguita trent’anni fa da İmamoğlu, sostenendo che ci fosse un cavillo burocratico che non la rendeva regolare. In questo modo la candidatura di İmamoğlu non risulterebbe possibile, dato che per concorrere al ruolo di presidente in Turchia è necessario essere laureati.

Le voci dei manifestanti

I manifestanti che si sono fatti intervistare durante le proteste hanno espresso il loro disappunto verso le scelte di Erdogan:

“Prima hanno annullato la sua laurea [di İmamoğlu] per rendere ineleggibili le sue elezioni, poi l’hanno arrestato accusandolo di corruzione e legami con il terrorismo, senza alcuna prova. Solo accuse inventate e false.” ( La7)

Un altro manifestante ha continuato dicendo:

“Penso che Erdogan debba dimettersi, l’Unione Europea sa tutto ma non ha mai fatto nulla, per questo non ci aspettiamo molto, per questo siamo qui, dobbiamo farcela da soli.” (La7)

Le proteste a oggi stanno continuando ininterrottamente, dando vita anche a un boicottaggio verso tutte quelle imprese che si erano dette a favore del regime di Erdogan, e portando i manifestanti a chiedere la sospensione delle lezioni negli atenei.

Una Turchia spaccata

In questo momento, le proteste potrebbero portare a due condizioni differenti: da una parte il rischio di un ulteriore consolidamento del potere di Erdogan, dall’altro la possibilità che questa mobilitazione popolare possa fermare questa deriva e rendere la democrazia più stabile. Resta da vedere come il governo turco gestirà questa pressione, a livello interno e internazionale.

Serena Spirlì

Fonte immagine in evidenza: CHP, profilo X ufficiale

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