Nellie Bly: come nacque il giornalismo sotto copertura

In una New York di fine Ottocento le testate di diversi giornali riportarono la notizia del ritrovamento di una donna, confusa e delirante, nella speranza che qualcuno la riconoscesse. L’unico a non riportare la notizia fu il New York World, ma per un motivo specifico: la donna in questione era Nellie Bly, che lavorava presso il giornale e si stava solo fingendo pazza, per riuscire a farsi internare in manicomio e scriverne un reportage.

La vita e gli inizi 

Elisabeth Jane Cochran nacque in Pennsylvania il 5 maggio 1864: la morte di suo padre a soli sei anni trascinò lei e la sua famiglia in un vortice di povertà, che la costrinse ad abbandonare gli studi per occuparsi dei fratelli più piccoli.

Elisabeth lesse un giorno un articolo pubblicato sul Pittsburgh Patch, dove l’autore lamentava la presenza di donne a lavoro nei negozi e negli uffici e le invitava a restarsene a casa, l’unico luogo a cui  appartenevano. Elisabeth decise di rispondere a questo articolo, sottolineando quanto fosse difficile per le donne dell’epoca affermarsi nella società e avere un ruolo che non fosse quello di angeli del focolare. Lo fece firmandosi a lonely orphan girl e il caporedattore della testata rimase così colpito dal suo articolo, così ben scritto e preciso, che tentò di contattarne l’autrice attraverso un annuncio.

Elisabeth non si fece attendere e rispose all’annuncio con un articolo intitolato “Il problema delle ragazze: come il datore di lavoro discrimina le lavoratrici”, suscitando incredibile interesse da parte dei lettori.

L’assunzione e lo pseudonimo 

Il caporedattore decise di assumere Elisabeth, con uno stipendio settimanale di 5$ l’ora, facendola diventare la prima donna del giornale, scrivendo con lo pseudonimo di Nellie Bly, canzone molto in voga all’epoca.

Il suo lavoro iniziò con un’inchiesta sulle ragazze che lavorano all’interno delle officine, con l’intento di documentarne la vita lavorativa ma anche sociale, idea del tutto innovativa per l’epoca e che diede al giornale un’enorme notorietà. Iniziò quindi un’epoca di articoli di inchiesta, dove per esempio Nellie si travestì per raccontare la condizione delle donne nelle fabbriche e denunciarne le condizioni.

Tuttavia, la redazione si rese conto che queste inchieste stavano diventando scomode e affidò a Nellie il ruolo di cronista di società: si sarebbe dovuta occupare di recensioni teatrali e  di concorsi di bellezza, l’esatto opposto del suo lavoro fino ad allora. 

New York

Nellie decise allora di lasciare il giornale e di volare a New York, con l’obiettivo di essere assunta nel New York World come cronista. Si presentò al caporedattore della testata con due idee innovative: la prima consisteva nell’andare in Europa viaggiando in terza classe, per raccontare le vite degli emigranti, la seconda nel fingersi pazza per farsi rinchiudere nel manicomio di Blackwell’s Island. Il caporedattore del New York World ne rimase colpito e accettò che Nellie si infiltrasse nel manicomio newyorkese.

La preparazione 

Nellie si presentò in un ostello vestita di stracci e iniziò a comportarsi in modo bizzarro: aveva lo sguardo catatonico, era confusa, non ricordava il suo nome o da dove veniva  e inevitabilmente vennero chiamate le autorità. Prima di procedere a un ricovero, Nellie venne esaminata da un medico, il quale però si convinse che i suoi fossero inevitabilmente i sintomi di una tossicomane.

Nellie riuscì quindi nel suo intento di essere ricoverata nel manicomio di Blackwell’s Island, dove si potevano trovare persone con difficoltà nel linguaggio, persone che soffrivano di depressione o persone con malformazioni. Nellie osservò il modo in cui venivano trattate le donne all’interno del manicomio, che avevano bisogno di un “addestramento correttivo”: le pazienti erano costrette a dormire su un lettino duro con le incerate, al mattino venivano svegliate alle cinque e obbligate a sedersi in fila su delle panche di ferro, immobili e in silenzio, fino alle otto di sera. Le donne venivano lavate con delle secchiate di acqua gelida, veniva dato loro pane rancido che spesso le faceva stare male, erano vittime di percosse e prese in giro, soprattutto quelle con disabilità. Che cosa, si chiese Nellie, avrebbe portato alla pazzia più di questo trattamento?

Nellie, dopo alcuni giorni nel manicomio, smise di comportarsi come una pazza e iniziò a rispondere in maniera tranquilla e pacata alle domande che le venivano fatte, ma per tre volte i medici la dichiararono “demente senza nessuna possibilità di recupero”. Fortunatamente riuscì a uscire, con l’aiuto dei colleghi del giornale. 

Il suo reportage “Dieci giorni in manicomio” venne pubblicato, denunciando le condizioni delle malate rinchiuse al suo interno e definendo il manicomio di Blackwell’s Island “una trappola per topi umani, è facile entrare ma una volta al suo interno, impossibile uscire”. Con quell’articolo era nato il giornalismo sotto copertura.

Il reportage ebbe un enorme successo, portando la città di New York a stanziare un milione di dollari per migliorare le condizioni dei malati all’interno del manicomio.

Il successo e i reportage successivi

Dopo il trionfo dell’inchiesta in manicomio Nellie pubblicò un libro e proseguì con i suoi reportage sotto copertura: si finse una cameriera in cerca di lavoro per denunciare quanto le agenzie di collocamento sfruttassero e sottopagassero le donne; si finse una ragazza madre con un figlio neonato per rilevare il traffico dei neonati; ricoprì anche i panni di una prostituta per denunciare le condizioni all’interno dei bordelli. Ciò che le permise di compiere queste imprese fu il fatto che nessuno all’epoca immaginasse che una donna potesse fare la giornalista.

Nellie ottenne una fama che nessun altro dei suoi colleghi maschi poteva vantare ed è stata la prima a capire quale fosse il vero obiettivo del giornalismo d’inchiesta: scrivere di certe situazioni per poi poterle cambiare. 

Serena Spirlì

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