Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson
Nel gruppo rivoluzionario French 75, emergono le personalità di Perfidia (Teyana Taylor) e Pat (Leo Di Caprio). Una sera intervengono per liberare un centro di detenzione per immigrati in California; ma qui Perfidia incontra il colonnello Steven Lockjaw (Sean Penn), uomo che in più occasioni perseguiterà la donna. Tra insurrezioni, rivolte e furti in banca, Pat e Perfidia mettono al mondo la piccola Charlene (Chase Infiniti, da grande). Da questo momento il futuro si prospetta insidioso e colmo di fantasmi dal passato…
Leonardo Di Caprio prepara ordigni esplosivi. Teyana Taylor è incinta e spara con un fucile d’assalto in un poligono di tiro. Sean Penn digrigna i denti e si sistema meticolosamente il ciuffo bianco con un pettine appena umidificato dalle sue labbra (una capigliatura che ricorda il noto dittatore tedesco). Benicio del Toro compie il Rei sul tatami. E intanto Anderson prepara il terreno per un’opera corale sferzante, ma al tempo stesso lucida e zen, come il Kata eseguito da Chase Infiniti.

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Una battaglia dopo l’altra è ῥυθμός (rythmòs) puro. La radice linguistica è ru-, ovvero scorrere. Gli eventi scorrono con foga e noi dobbiamo stare al passo, come Di Caprio con gli skaters sui tetti. Poi la calma, il respiro, il pensiero del mare. E, di nuovo, riprende la rincorsa verso il destino ignoto.
Anderson dialoga apertamente con le opere precedenti: guardare questo film è come entrare in una grande galleria personale. Il quadro della famiglia e delle relazioni affettive complesse, memori di quanto mostrato in Magnolia, Boogie Nights e Punch-Drunk Love. Il quadro del controllo e della vulnerabilità de Il filo nascosto. Il quadro dell’ambizione, dell’ossessione e del potere come in Il Petroliere e The Master. E, infine, il quadro della ricerca dell’identità personale, presente in tutta la costellazione cinematografica di Anderson.
Quest’ultima cornice è particolarmente rilevante per leggere Una battaglia dopo l’altra. Risuona l’eco di un intimorito e singhiozzante “Chi sei?”. Meravigliosamente, l’eco rimbalza tra le pareti della sala, varca le soglie del corpo e si rivolge a chi è seduto sulla poltrona. Chi sono? Chi siamo collettivamente e culturalmente?
Ce lo ricordano i French 75, simili ai Black Panther e ai Weather Underground, emanando spirito oclocratico da tutti i pori. Le loro agitazioni e sommosse sono un manifesto di avvertimento: opporsi con decisione agli Stati Uniti, al razzismo, alle politiche imperialiste e anti-umanitarie, rappresentate in questo film dal suprematismo bianco del Christmas Adventurers Club.

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Accade l’evoluzione della rivoluzione, una spaccatura: da un lato l’animo continua a essere fervente, dall’altro resta una silenziosa disillusione. Una battaglia dopo l’altra rievoca un binomio fondamentale: fare cinema è fare politica. Manifestare il proprio dissenso è oggi quanto mai necessario di fronte a quella che Christophe Dejours chiama banalizzazione dell’ingiustizia sociale.
Intermezzo essenziale: il rapporto padre-figlia. Il legame è contaminato dal peso del passato, l’identità è lacerata. Pat/Bob dovrebbe dare la Legge, l’orientamento simbolico alla figlia, ma il suo crollo ideologico lo rende fragile e contraddittorio: protezione e senso di colpa del padre di fronte alla nuova generazione. Quest’ultima, invece, guarda alle lotte e alle rivoluzioni con occhi diversi: meno ideologia, più individuazione personale.
Al fine di rafforzare la chimica tra i personaggi è indispensabile il lavoro svolto precedentemente tra regista/sceneggiatore e attori, attraverso incontri e workshop. Anderson afferma che, in questo modo, “you really start to find somebody that you start to feel that you can trust“. Così, la sceneggiatura viene rimodellata, vengono aggiunte scene e proposte idee nuove. Dunque, lo stesso testo del film è una rivolta, perché non si ostina su un modello, ma si apre a nuove interazioni.
In ultima istanza, l’opera è permeata da un sottile approccio documentaristico, poiché all’interno troviamo comparse reali (vere infermiere, veri militari, veri negozianti, veri studenti, ecc.) e i luoghi hanno permesso di far assaporare la cultura del posto alla troupe.

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Insomma, chissà se anche questa volta il regista indipendente statunitense passerà in sordina, come accadde al film precedente Licorice Pizza (2021). O meglio, per intenderci, meriterebbe più attenzioni del dovuto. Già, perché Anderson non è solo il regista del Petroliere (grandissimo film, non fraintendete), ma è a tutti gli effetti uno dei migliori autori contemporanei.
In un’intervista rilasciata per Letterboxd, Anderson ha riferito che le fonti, i libri, le opere della sua vita o delle sue osservazioni degli ultimi anni sono confluite nella sostanza dell’intero film. In effetti, il regista racchiude in questo film un’ampia quantità di ascendenze e di richiami ad altre opere (a partire dal libro da cui è partito tutto, Vineland di Pynchon).
Anderson è un artista completo, nel senso gombrichiano del termine. L’arte, infatti, non nasce dal nulla o per rivelazioni assolute. L’artista tenta, indugia, corregge, individua i modelli precedenti, opta per uno scarto, compie un making and matching.
In questo processo e nel film di Anderson, non si può non intravedere il cinema di Altman e Scorsese, ma anche una caratura cinefila che guarda al western e al cinema classico americano, ai primi piani di Jonathan Demme, a Putney Swope (Downey Sr.) e Il Dottor Stranamore (Kubrick) per il Christmas Club, a Duel (Spielberg) e a Mad Max (Miller) per gli inseguimenti in macchina, allo scambio tra serietà e ironia nei film dei Coen Bros (sembra che Di Caprio abbia volutamente omaggiato l’interpretazione di Jeff Bridges in Il grande Lebowski).
Tuttavia, Una battaglia dopo l’altra rimane un film non etichettabile, ricco di opportunità. Ragione per cui è aperto il banco delle discussioni e delle conoscenze: ciascun spettatore è interpellato per contribuire alla materia del film. Manifestare attraverso lo sguardo.
Marco Novello
FONTI:
Eureka! Paul Thomas Anderson and Leonardo Di Caprio break down One Battle after Another, Brian Formo, 24 settembre 2025, Letterboxd (https://letterboxd.com/journal/paul-thomas-anderson-leonardo-dicaprio-interview/)
E.H. Gombrich, Introduzione: l’arte e gli artisti in La storia dell’arte, 2008, Phaidon
FILMOGRAFIA DI PAUL THOMAS ANDERSON :
Sydney (1996)
Boogie Nights (1997)
Magnolia (1999)
Punch-Drunk Love (2002)
Il petroliere (2007)
The Master (2012)
Vizio di forma (2014)
Il filo nascosto (2017)
Licorice Pizza (2021)
Una battaglia dopo l’altra (2025)
