Da “Gli anelli del potere” a “House of the Dragon”: requiem per l’high fantasy

Nel 2019, quando è arrivata su Netflix la prima stagione di The Witcher, insieme al grande entusiasmo per la nuova serie, ricordo di aver pensato: “Ecco, Game of Thrones ha definitivamente il fantasy“. Un fantasy per chi non ama il fantasy, come è stato spesso definito, con Game of Thrones abbiamo detto addio agli eroi moralmente infallibili che, quando vacillano, lo fanno per debolezza, mai per ambizione o sete di gloria, sostituiti da antieroi “umani”, grigi, capaci di crudeltà e bontà al tempo stesso. Addio lotte cosmiche tra bene e male, benvenuti intrighi di palazzo e guerre “realistiche”. Non è proprio così: ne Le cronache del ghiaccio e del fuoco, accanto effettivamente a una chiave di lettura forse più cruda e realistica dei personaggi e degli eventi, il fantasy è presente eccome. Nei libri, la magia è molto più marcata già dall’inizio, ma soprattutto gli intrighi di potere e le schermaglie che tanto hanno appassionato il pubblico generalista sono una metafora di come gli esseri umani si lascino coinvolgere dalle loro velleità perdendo di vista la vera battaglia, una battaglia fantasy classica, tra il mondo degli uomini come lo conosciamo e letteralmente freddo e oscurità. Game of Thrones non solo si è dimenticata di questa premessa sul finale, ma ha dimostrato tanto di saper eccellere sulla parte alla stregua di House of Cards quanto di saper fallire come Il signore degli anelli. Con le reazioni negative al finale il messaggio è stato chiaro, anche se distorto: solo il fantasy per chi non ama il fantasy funziona in questa nuova era televisiva.

Flash forward al 2022, quando sui palinsesti arrivano due serie fantasy estremamente anticipate: Gli anelli del potere e House of the Dragon. Come avranno affrontato l’annoso problema di far piacere il fantasy a chi non piace il fantasy?

Non tutte le serie sono create uguali

Ora che le due serie sono entrambe finite e abbiamo avuto un po’ di tempo per rimuginarci su, direi che possiamo tirare le somme: House of the Dragon è stata una sorpresa meravigliosa, un balsamo dopo la delusione dell’ultima stagione di Game of Thrones, che aprirà una lunga stagione di prodotti Targaryen-centrici. Non si può dire lo stesso de Gli anelli del potere che resta, però, una serie godibile e che sul finale riesce anche a catturare quella scintilla di magia che permeava Il signore degli anelli. Non abbiamo lo spazio in quest’articolo per una recensione ma in caso non sappiate proprio di cosa stiamo parlando ecco due indicazioni sulle serie. House of the Dragon è l’adattamento di una porzione di Fuoco e Sangue, un testo “corollario” di Le cronache del ghiaccio e del fuoco che funziona come una cronaca storica “in universe” delle varie vicissitudini della dinastia dei Targaryen. La parte adattata, in queste prime stagioni è quella sulla danza dei draghi, una guerra di successione tra Rhaenyra Targaryen e il suo fratellastro minore, Aegon.

Gli anelli del potere, invece, è l’adattamento dell’ultima parte de Il Silmarillion, quella temporalmente più vicina agli eventi de Il signore degli anelli e dovrebbe, quindi, funzionare da vero e proprio prequel mostrando l’ascesa di Sauron e la “scesa in campo” dei nostri familiari protagonisti.

Le premesse sono molto diverse, cominciando proprio dal materiale di partenza: Fuoco e Sangue è una cronaca raccontata a distanza di anni e da terzi. Questo lascia molto più spazio per un adattamento ma, soprattutto, avendo per oggetto una guerra di successione, può concentrarsi al cento per cento su tutti quegli intrighi e complotti che hanno fatto la gloria di Game of Thrones.

Gli anelli del potere non ha nessuno di questi benefici. Tanto per cominciare adattare Il Silmarillion è un’impresa di per sé: si tratta del cuore del corpus tolkeniano, quello che contiene tutto il world building su Arda e la Terra di Mezzo e ha un ruolo che oscilla tra il poema epico e il testo sacro. Molti hanno sollevato perplessità sulla fattibilità stessa dell’adattamento di un’opera tale, ancor più dopo che, nel 2020, insieme a Christopher Tolkien è venuto a mancare il legame con l’autore e, dunque, la guida necessaria, secondo molti, a navigare le complesse allegorie delle opere di Tolkien. In più, adattando Il Silmarillion, dal fantasy, quello epico con elfi e Signori Oscuri, non si scappa.

Il risultato di queste differenze sono state due serie sì molto diverse, ma che hanno qualcosa in comune: una certa riluttanza a buttarsi a capofitto negli elementi più “high” del genere.

“House of the Dragon”

Se da House of the Dragon togliessimo, appunto, i draghi, la storia non ne risentirebbe minimamente: di guerre di successione, in Europa, ne sono state combattute a migliaia e i temi che la serie così abilmente affronta come il posto delle donne in una società ancor più patriarcale e il ruolo del potere nella dissoluzione di una famiglia potrebbero benissimo essere raccontate in un contesto non fantasy. Ora uno dei temi della danza dei draghi è anche come i Targaryen avessero perso la concezione originaria del loro legame con i draghi e come avessero finito per considerarli niente più che armi, cosa che ha portato alla rovina della dinastia per come l’abbiamo conosciuta all’inizio della serie. La serie fa lo sforzo, soprattutto sul finale, di costruire un certo dragon lore, di dare più informazioni su come funziona il rapporto con i draghi e di gettare le basi per più contenuti incentrati su di essi nelle future stagioni. Ma lo fa un po’ tardi e non abbastanza: per tutta la serie la questione draghi rimane una metafora di come i vari personaggi si rapportano con il loro essere Targaryen, con la tradizione dei loro antenati e, di conseguenza, con il potere che hanno a disposizione. Questo è molto interessante e crea delle tensioni tra i personaggi che arricchiscono enormemente la serie ma lasciano anche un po’ l’amaro in bocca agli amanti del fantasy puro. Sul finale con la scena in cui Daemon canta per Vermithor e quella in cui Syrax sembra sentire il dolore di Rhaenyra mentre partorisce, come già detto, la serie sembra voler invertire la rotta. Ma vedendo come queste scene funzionano è difficile non pensare a quanto sarebbe stato gratificante averne prima e di più.

https://screenrant.com/daemon-high-valyrian-dragon-song-translation-meaning/

L’elemento più high fantasy di House of the Dragon è, però, quello della profezia. Assente nel materiale di partenza, la serie introduce l’idea che Aegon il Conquistatore abbia invaso e conquistato Westeros non per sete di gloria o per sfuggire alla distruzione di Valyria, ma perché aveva ricevuto una profezia che prevedeva la venuta degli Estranei e che affermava che era compito dei Targaryen, uniti insieme a tutto il reame e guidati dal Principe che fu promesso sconfiggerli. Questa profezia viene tramandata da sovrano a erede e, dobbiamo immaginare, si perde quando Rhaegar muore senza poterla dire a nessuno, lasciando Daenenerys completamente impreparata. L’aggiunta funziona in astratto ed è molto eccitante pensare alle implicazioni di questo nuovo elemento. Eppure lascia anche un po’ interdetti come la serie ci chieda di ignorare la sua genitrice: dobbiamo dimenticarci che la profezia del principe che fu promesso è stata completamente calpestata nel finale di Game of Thrones? Dobbiamo emozionarci vedendo le parole incise sulla daga di acciaio di Valyria sapendo che sarà Arya, non Jon, non Dany, né un qualsiasi Targaryen uscito da chissà dove a usarla contro il Re della notte? L’aggiunta della profezia è stata voluta da Martin stesso ed è un chiaro nonché dichiarato tentativo di riappropriarsi del finale della sua storia ma ancora una volta, un elemento fantasy potenzialmente spettacolare soffre dell’incapacità cronica di affrontare i temi tipici del genere.

“Gli anelli del potere”

Non si può sfuggire al fantasy adattando Il Silmarillion e non si può sfuggire nemmeno all’high fantasy. La lotta de Gli anelli del potere è da subito delineata come un conflitto epico tra un male assoluto e la parte della luce. Ci sono elfi, nani, orchi, principi detronizzati e oggetti con enormi poteri magici. Tutto regolare, se non fosse per la sua protagonista. Gli anelli del potere sceglie di mettere al centro della storia Galadriel. Fin qui niente di strano, considerato che la conosciamo e amiamo già. E la Galadriel de Gli anelli del potere è genuinamente un’eroina interessante: testarda, ferrea nella sua volontà, ossessionata da una ricerca di giustizia che forse è più vendetta in realtà, profondamene ancorata alle ferite del passato. Il problema è che un’eroina del genere semplicemente non dovrebbe essere Galadriel, non la Galadriel dei libri né la sua rappresentazione estremamente fedele dei film. Questa Galadriel è animata da conflitti, ambizioni e sentimenti estremamente umani. Gli anelli del potere ci chiede di farci coinvolgere di una sorta di antieroina che ricorda la Carrie Mathison di Homeland, non avendo il coraggio di affidare a un’elfa con tutte le sue caratteristiche non umane la guida della storia.

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Questo è l’esempio più evidente di un disagio che la serie stessa sembra avere con il suo soggetto: si riflette nel linguaggio artefatto che, a differenza di quello de Il signore degli anelli risulta più ridicolo che epico, nella caratterizzazione degli elfi e nel sequel della storia d’amore interraziale, questa volta tra un elfo e un’umana che, se possibile, funziona ancora meno di quella ne Lo Hobbit. Non a caso la storyline più riuscita è quella di Nori e dei pelopiedi, gli antenati degli hobbit che sono sempre stati il collegamento con lo spettatore, la parte più “normale” della saga. Ed è anche da qui che alla fine arriva (perché alla fine arriva) la carica emotiva della serie, con Gandalf e le sue avventure da condividere.

L’High Fantasy

L’high fantasy è morto? Sicuramente non sta bene, il che non significa che non ci saranno più film, serie o prodotti fantasy, né che questi non saranno belli, emozionanti e coinvolgenti. Forse la nostra società si è talmente abituata agli antieroi che non riesce più a godere degli assoluti nemmeno in un mondo fantastico.

Ah, c’è sempre la terza stagione di The Witcher che sta per arrivare, ormai tra pochissimo, ed è quella che inizierà a coprire soltanto Il sangue degli elfi, la parte più high fantasy della saga. Chissà che sia proprio la serie che ha fatto nascere questo articolo a farmi ricredere.

Ginevra Gatti

Crediti immagine in evidenza: BadTaste e CiakClub

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