Dare voce alla natura: l’ecocritica

Esiste una corrente letteraria che pochissimi conoscono, la quale ha come oggetto privilegiato l’immaginario naturale, definita “ecocritica“.

Fonte: i.pinimg.com

Ma di cosa si occupa questa disciplina? Nata negli Stati Uniti tra gli anni ”80 e ’90, essa mette in luce l’esistenza di un’eloquenza della natura: è come se essa fosse dotata di una voce propria e ci parlasse!

In risposta a una visione troppo antropocentrica del mondo, l’ecocritica si propone di dare voce ai fenomeni naturali e analizzarli nei loro molteplici rapporti che possono essere costituiti da scambi, contaminazioni, ibridazioni e conflitti; in particolare, l’ecocritica della materia è lo studio del modo in cui le forme materiali (che possono essere corpi, paesaggi, sostanze organiche e inorganiche ecc.) interagiscono tra di loro. È importante tenere conto del fatto che gli oggetti di studio di questa disciplina non sono per forza oggetti naturali: vengono studiati anche oggetti, sostanze tossiche, agenti chimici, metalli… e la lista potrebbe protrarsi all’infinito. Tutti questi elementi sono dotati di storie che possiamo “leggere” e con le quali possiamo interagire.

Per fare ciò, è necessario smontare la falsa credenza secondo la quale l’uomo è diverso dagli altri elementi naturali, o addirittura superiore ad essi. Al contrario, è importante ricordare che l’uomo fa parte della natura stessa e non esiste alcuna distinzione.

Perché è importante l’ecocritica? Al giorno d’oggi le tematiche ambientali sono parte integrante della vita di tutti, in quanto siamo tutti a conoscenza della situazione di inquinamento e degrado ambientale a cui stiamo andando incontro. Portare anche altre discipline umanistiche, come la letteratura e l’arte, a concentrarsi sull’ecologia, ha effetti positivi sulla sensibilizzazione generale del tema dell’ambiente, attirando l’attenzione di più gente possibile.

Un esempio di prodotto culturale che rientra nell’ambito dell’ecocritica è The Majestic Plastic Bag, un falso documentario di Jeremy Konner che prende come protagonista una busta di plastica e segue il suo percorso vitale, proprio come se si trattasse di un animale, concludendo il suo ciclo “naturale” nell’Oceano Pacifico. Questa trovata pungente e sarcastica considera la busta di plastica come agente narrativo, un’entità in grado di agire nel mondo, rapportandosi con esso e provocando conseguenze. Ma come è possibile che la plastica, un oggetto artificiale e inanimato, possa essere in grado di agire? Effettivamente possiamo dire, in un certo senso, che la plastica si rapporta con l’uomo, essendo da lui prodotta e utilizzata in parecchi ambiti, e con l’ambiente, andando a contribuire all’inquinamento.

Lo scopo di queste opere è di sensibilizzare sull’ecologia analizzando il problema da punti di vista differenti, e talvolta attuando un vero e proprio ribaltamento visuale: nel caso del film descritto in precedenza, ad esempio, il focus viene posto su un singolo sacchetto di plastica e viene rappresentato il mondo secondo il suo fittizio punto di vista. Attraverso questa sorta di straniamento lo spettatore potrà essere colpito da ciò che vede e ritrovare in quelle rappresentazioni certe sue abitudini e comportamenti.

Un’opera ancora più incentrata sullo straniamento è Città Invisibili di Italo Calvino, un romanzo costituito da 6 capitoli nei quali Marco Polo descrive all’imperatore dei Tartari le città che ha esplorato. Qui troviamo frammenti di ecocritica nella descrizione della città di Leonia, la quale è immaginata come un agglomerato urbano che ogni giorno si ricostruisce, disfandosi dei materiali del giorno precedente in favore di oggetti nuovi; si tratta di un simbolo per denunciare l’estremo consumismo delle metropoli moderne, dove la città è una vera propria metafora delle abitudini del singolo cittadino.

In conclusione, possiamo dire che l’ecocritica è utile nella nostra società per far emergere i problemi ambientali e analizzarli da un diverso punto di vista, al di fuori dell’antropocentrismo, permettendo all’uomo di potersi guardare da fuori, riconoscendosi come parte dell’ambiente e di prendersi le proprie responsabilità.

Monica Poletti

Immagine di copertina: Google.

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