I grandi brand hanno chiuso in Russia, ma è davvero così? 

L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto molte aziende a prendere una posizione concreta ed estrema, chiudendo i propri negozi sul territorio russo. Tutto ciò ha portato, nei mesi a seguire, allo sviluppo di diverse circostanze: la Federazione Russa, infatti, ha deciso di sostituire alcuni brand come McDonald’s e Starbucks, introducendone nuovi con nomi e loghi diversi, senza però effettuare cambiamenti radicali. Altri brand invece, nonostante abbiano annunciato le chiusure dei propri negozi, sembrano essere ancora in circolazione

Come accennato prima, McDonald’s ha cambiato nome in Vuksno i tochka, tradotto Buono e basta. Il logo presenta ora uno sfondo verde e figure stilizzate, un cerchio e due linee, che rappresentano un hamburger e due patatine fritte. Starsbucks invece è diventato Stars Coffee. Oltre ad aver scelto un nome totalmente assonante a quello vecchio, anche il logo è pressoché identico. Infatti, la famosa sirena di Starbucks si è trasformata in una ragazza russa con in testa un kokošnik, un copricapo tradizionale.

Logo di Vuksno i tochka, crediti:https://bfmspb.ru/
A sinistra logo di Stars Coffee, a destra Strasbuck, crediti: https://www.insider.com/

Per quanto riguarda le altre aziende che hanno dichiarato di abbandonare il mercato russo, c’è da chiedersi se sia effettivamente così, o se abbiano trovato delle soluzioni differenti per evitare di lasciare effettivamente la Russia. Il canale YouTube di «Real Reporter» mostra un tipico centro commerciale di Mosca dopo la chiusura di alcuni negozi e si può notare come molti brand, pur non essendo ufficialmente presenti, continuino a vendere ai consumatori russi. 

Adidas ha chiuso i negozi, ma ciò non impedisce di comprare i prodotti del brand in altri luoghi. Infatti, sul sito russo di Adidas vengono indicati i punti di rivendita dove i clienti possono continuare ad acquistare scarpe e abbigliamento del brand come facevano precedentemente.

In maniera analoga Apple ha chiuso i suoi negozi ufficiali, ma sul sito russo dell’azienda sono elencati i partner stores re:Store dove possono essere acquistati i prodotti, a prezzi quasi duplicati. Anche in questo caso, la multinazionale statunitense continua a guadagnare sul mercato russo.  

Un caso particolare riguarda i marchi di abbigliamento fast fashion come Reserved e Cropp. Entrambi di proprietà della società polacca LPP, avevano momentaneamente chiuso i propri negozi per alcuni mesi, per riaprirli successivamente con nomi diversi. Reserved è diventato RE, mentre Cropp CR. In realtà, LPP ha venduto i negozi russi a un consorzio cinese e di conseguenza i nuovi negozi hanno dovuto cambiare nome, ma l’abbigliamento dei nuovi punti vendita presenta comunque un’etichetta originale. In questo caso subentra il dubbio se la società polacca LPP non abbia davvero più nessun ricavo dalla vendita in Russia. Bisogna ricordare che la Polonia è stata tra i primi Paesi a condannare aspramente l’operato russo ed è il Paese europeo che ha mandato il maggior numero di rifornimenti di armi per sostenere l’Ucraina

Nelle prime fasi delicate del conflitto i propositi iniziali e le responsabilità prese da parte dei grandi brand sono stati sicuramente immediati. Ciononostante, il protrarsi degli eventi e gli attuali sviluppi poco positivi, portano alla conclusione che rinunciare a un mercato come quello russo non sembra essere la decisione migliore e di conseguenza, le aziende cercano di trovare altre soluzioni, dimostrando così una presa di posizione volubile e non poco incoerente. 

Gabija Jonaityte

Crediti immagine copertina: South China Morning Post https://www.scmp.com/

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