Il cambiamento climatico incide pesantemente sulla vita e sulla condizione del nostro pianeta. La connessione tra politica e ambiente è sempre più oggetto del lavoro di ricerca; si amplia così la letteratura scientifica disponibile sul tema.
Come hanno potuto confermare i numerosi danni ambientali di questo periodo, stiamo per attraversare un decennio delicato e cruciale per l’azione climatica: gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) hanno fatto il punto sulla massima conoscenza scientifica in atto e fornito ai decisori politici linee guida per fronteggiare, attraverso strategie di adattamento e mitigazione, la più grande crisi del pianeta, quella climatica.
L’ultima valutazione dell’IPCC di marzo 2023 ha confermato che il cambiamento climatico deriva principalmente dall’attività umana e che i suoi effetti sono già evidenti in tutto il mondo, con un incremento delle temperature globali, un innalzamento del livello del mare, un aumento degli eventi meteorologici estremi e una riduzione della biodiversità.
Il rapporto ha anche evidenziato la necessità di adottare misure urgenti per ridurre le emissioni di gas serra e limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, al fine di evitare gli effetti più catastrofici.
Dinnanzi a questo, la politica tutela l’ambiente?
Numerose sono le azioni politiche per sensibilizzare sull’argomento; un esempio lampante è l’Unione Europea, che ha sfruttato l’aggravio fiscale per incentivare le aziende a inquinare sempre meno. Le industrie che realizzano i prodotti che usiamo quotidianamente e le centrali che generano l’elettricità di cui abbiamo bisogno rilasciano ingenti quantitativi di CO2 e altri gas a effetto serra. Per riuscire nell’intento di ridurre queste emissioni, l’UE ha progettato il primo e più grande sistema al mondo in grado di limitare i quantitativi di gas serra che possono essere emessi e di obbligare le aziende a pagare per le emissioni da esse rilasciate nell’atmosfera. Il sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’UE (EU ETS) fissa un limite per la quantità di gas serra che le aziende possono produrre ogni anno.
E l’Italia?
Dapprima con il movimento Friday for future, poi con diverse manifestazioni ecologiste in tutto il Paese, sempre più sono gli attivisti del settore che vogliono ricordarci quanto sia una tematica controversa per tutti noi, nessuno escluso. Per quanto il discorso possa sembrare lontano, astratto o addirittura superfluo – dato dalla credenza del “ma ci sono problemi più gravi su cui concentrarci” – l’argomento tocca la penisola più di quanto si possa supporre: terremoti, frane, alluvioni, piogge ininterrotte e continui sbalzi termici ne sono la dimostrazione lampante.
L’Emilia Romagna: il caso più recente che ha spaventato gli italiani.
Lo scorso 18 maggio, la regione dell’Emilia Romagna è stata colpita duramente da alluvioni e frane senza precedenti, che ha causato 16 morti e più di 23.000 sfollati.
Nonostante le diverse iniziative in questo mese per risollevare la regione dal disastro ambientale, a distanza di diverse settimane l’alluvione continua ad avere conseguenze significative sulla fauna selvatica e sulla potenziale salubrità dell’acqua. Colorazioni anomale sono state registrate negli ultimi giorni in alcuni corsi d’acqua: si parla di decine e decine di tonnellate di animali morti già raccolti attraverso reti e panne, per impedire che le carcasse potessero arrivare fino al mare causando problemi ambientali anche lì.
L’avvenimento ha ampiamente evidenziato l’importanza di adottare politiche e misure per prevenire e gestire le catastrofi naturali, in modo da proteggere la popolazione e l’economia dalle conseguenze negative degli eventi estremi.
Possiamo, dunque, avere ancora la prerogativa di scelta di fronte a questo scenario, oppure attendere altre situazioni di questo genere prima di provare a curare l’irreversibile?
Alessia Dotta


