“Tutto chiede salvezza” di D. Mencarelli: una storia di umanità e fratellanza

Tutto chiede salvezza, romanzo di Daniele Mencarelli pubblicato da Mondatori nel 2020, non ha solo raccolto un gran successo grazie all’omonima serie Netflix lanciata nel 2022, ma ha anche vinto il Premio Strega Giovani 2020 ed è stato finalista alla LXXIV edizione del Premio Strega.

Questo romanzo, basato su esperienze autobiografiche, racconta la storia di Daniele, ragazzo ventenne che per una crisi di rabbia con deriva violenta viene sottoposto a una settimana di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) in un reparto psichiatrico di un istituto romano. Siamo nel 1994, all’inizio dell’estate e pochi giorni prima dell’inizio dei mondiali. Daniele rappresenta un tipico giovane di oggi: insicuro, incompreso, che non riesce a trovare il proprio posto in una società che non riconosce come sua. Quello che viene definito come un adolescente depresso è in realtà un ragazzo senza pace, che sente sulle sue spalle il peso del mondo.

I sette giorni trascorrono lentissimi e strutturano l’intero libro: sette capitoli per i sette giorni del ricovero, giornate caldissime nella campagna romana scandite solamente dallo spostarsi del sole e dall’arrivo dei pasti. Daniele però non è solo, infatti con lui ci sono altre cinque persone, con cui fa amicizia e a cui si lega nel corso del suo breve soggiorno. C’è Alessandro, ragazzo giovanissimo ridotto a uno stato catatonico dopo un incidente, che fissa sempre un punto imprecisato sopra il letto di Daniele senza vederlo davvero; c’è Madonnina, uomo che parla solo per invocare la Madonna e di cui nessuno sa niente; c’è Mario, ex maestro in pensione che non si alza mai dal suo letto e passa le sue giornate a guardare un passerotto che ha fatto il nido sull’albero davanti alla sua finestra; infine, ci sono Giorgio, uomo con la stazza da rugbista e sollevatore di pesi che si porta dall’infanzia un trauma troppo grande da superare, e Gianluca, che soltanto nel TSO riesce a esprimere chi è veramente.

Daniele vorrebbe isolarsi, stare il più a lungo possibile solo con i suoi pensieri autodistruttivi, ma le giornate si trascinano lentamente e così, frequentando gli altri, scopre una grande verità: quelli che considerava pazzi sono persone umane con pregi e difetti, che nella vita fanno semplicemente il possibile per sopravvivere, per restare a galla e non farsi inghiottire dal marasma quotidiano. Daniele e gli altri pazienti condividono un destino comune e creano una vera e propria comunità, perché capiscono intuitivamente che aiutando gli altri aiutano loro stessi.

Sono i cinque pazzi con cui ho condiviso la stanza e questa settimana della mia vita. Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura così simile alla loro. Con loro ho parlato di malattia, di Dio e di morte, del tempo e della bellezza, senza dovermi sentire giudicato, analizzato. Come mai avevo fatto prima. Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare”.

Oltre ai ricoverati, ci sono gli infermieri, che guardano con un misto di sospetto e paura i pazienti, e i medici, di cui Daniele scoprirà ben presto che hanno perso la loro umanità, non sono disposti a vederla nei ricoverati e tantomeno a riconoscerli come persone. Dallo scetticismo iniziale verso gli altri, Daniele passerà gradualmente all’amicizia, al capire che oltre alla diagnosi si nascondono persone.

“Bastava talmente poco. Bastava ascoltare, guardare negli occhi, concedere. Una volta, una sola volta. Invece non lo hanno fatto. Perché per loro non eravamo degni di essere ascoltati. Perché i matti, i malati, vanno curati, mentre le parole, il dialogo è merce riservata ai sani. Questo abbruttimento è la scienza? Non aprirsi mai alla pietà, svuotare l’uomo fino a farlo diventare un ingranaggio di carne. Sentirsi padroni di tutte le risposte”.

Capitolo dopo capitolo, entriamo sempre più in sintonia con Daniele, arrivando a percepire con lui il caldo afoso di quelle giornate, la noia, le ore che si trascinano una uguale all’altra, l’insonnia e le urla degli altri reparti che non lo lasciano dormire la notte. Pian piano entriamo nella sua interiorità, seguiamo i suoi ragionamenti, capiamo il suo malessere, quel male di vivere che gli avvelena pensieri e sentimenti.

Una lettura quasi onirica, soffusa e sospesa, ma allo stesso tempo forte. È il racconto dell’epifania di Daniele sul mondo di quelli che considerava pazzi e che comprende che dare etichette è semplice e immediato, mentre riconoscere gli altri come persone molto meno.

Tutto chiede salvezza. Per i vivi e per i morti, salvezza. Salvezza per Mario, Gianluca, Giorgio, Alessandro e Madonnina. Per i pazzi, di tutti i tempi, ingoiati dai manicomi della storia”.

Irene Rolando

Crediti immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/stetoscopio-medico-infermiera-6497490/

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