Overconsumption e underconsumption: cosa significa consumare sui social

I social network possono essere un luogo strano e terribile

Si può dire che i social stiano attraversando una fase in cui mancano i contenuti e siano in un momento di ristagno dovuto alla commercializzazione del social stesso, fino a farlo diventare una vetrina pubblicitaria

Quante volte si vedono youtuber che occupano almeno dieci minuti del loro video per parlare dello sponsor del giorno? Oppure post di Tiktok dove tutti i sessanta secondi a disposizione vengono utilizzati per pubblicizzare uno specifico prodotto?

Almeno da due anni si è iniziato a parlare di overconsumption

Ma di cosa si tratta

L’overconsumption è un fenomeno economico e sociale che si sviluppa quando, in presenza di tante risorse, la popolazione inizia a consumare sempre in maggior quantità un certo prodotto, provocando danni a livello ambientale senza precedenti. 

Si può dire che l’intera storia umana sia stata un susseguirsi di overconsumption, poiché a causa della crescita demografica e di benessere (principalmente nei Paesi economicamente avanzati) portato dallo sviluppo scientifico e sociale la popolazione ha iniziato a investire molto di più in certi prodotti. Tuttavia il momento della Storia in cui ci troviamo rende la discussione sull’overconsumption decisamente particolare. 

Haul di Shein, dove delle ragazze spacchettano numerosi pacchi comprati su un sito che notoriamente sfrutta il lavoro minorile, “outfit del giorno” in cui influencer (sia uomini sia donne, in quanto non è un’emergenza che investe soltanto le persone di genere femminile) dimostrano di possedere talmente tanti vestiti da potersi cambiare tutti i giorni l’intero outfit, collezioni di prodotti per la pelle che occupano interi armadi, docce con ogni prodotto immaginabile per il corpo, “riforniture” di specifiche parti della casa (principalmente il bagno per dei fantomatici ospiti), dove ogni singolo prodotto mostrato è monouso e ricoperto di plastica. 

Si sta capendo di cosa si sta parlando, soprattutto perché questi contenuti hanno un livello di popolarità che li ha fatti diventare un vero e proprio genere. Alcuni li trovano ispirazioni per le loro future vite, altri li trovano rilassanti, dato che molti di essi hanno elementi ASMR.

Questo è un esempio di video del genere, dove l’elemento dell’ASMR e la presentazione di qualcosa di inutile – ma così… profondamente allettante per le persone che guardano – sono predominanti. 

L’esempio più lampante di overconsumption sui social degli ultimi anni è stato sicuramente quello delle Stanley Cups.

Nata nel 1913, l’azienda Stanley si occupava principalmente di creare thermos per persone che lavoravano o passavano tanto tempo fuori casa e all’aperto. Negli ultimi anni ha svoltato il suo brand per vendere anche a una categoria prima d’ora inesplorata dall’azienda: le donne di classe medio-alta. Così nacque la Stanley cup, con tutti i suoi problemi annessi. 

Da risse nei supermercati per comprare una di queste tazze a persone che comprano sempre più accessori per decorarle, fino a trasformarle in delle borse, questo fenomeno è stato considerato un vero e proprio caso di overconsumption generata da Internet, dove gli influencer rendono un prodotto uno status symbol: solo le ragazze cool hanno una Stanley, solo le ragazze pulite, che badano alla loro salute hanno una Stanley

Si crea, quindi, una moda. Una moda che porta persone a collezionare in modo estremo una cosa che non dovrebbe essere collezionata, come una bottiglia d’acqua riusabile

Questa può essere una delle ragioni dell’overconsumption, ovvero il pensare “un influencer che seguo consuma molto di x prodotto, io stimo quell’influencer e voglio essere come lui, anche io devo consumare quel prodotto per essere come lui”. Non bisogna vergognarsi se si è caduti almeno una volta in queste trappole, poiché dietro le quinte ci sono complessi meccanismi economici e psicologici che possono portare a terribili conseguenze. 

Infatti, ogni prodotto che viene acquistato e poi gettato poco dopo, quindi non durabile (si parla di prodotti per il trucco e vestiti di scarsa qualità), finisce inevitabilmente nelle discariche, e dal momento che la maggior parte di questi prodotti non è riciclabile, rischia di restare sulla Terra ancora per tanto tempo, causando inquinamento e disagi sempre più grandi, specialmente in continenti quali quello africano per via del waste colonialism

Eppure in tempi più recenti si sta sviluppando un altro trend sui social: quello dell’underconsumption

Intuibile dal nome stesso, si tratta della versione opposta dell’overconsumption, dove le persone mostrano sui social cose che usano da anni, anche decenni. 

Vestiti rattoppati, shampoo solidi, scarpe dei genitori o comprate di seconda mano, soluzioni che fanno sicuramente bene al portafogli e all’ambiente

Alcune persone hanno criticato questa glorificazione da parte di vari influencer di quella che era già la realtà per molte persone: non tutti siamo influencer con tanto denaro, quindi il concetto di non avere vestiti nuovi ogni settimana per cambiare costantemente outfit non era una cosa così fuori dal comune. In conclusione, per il benessere di se stessi, delle proprie finanze e dell’ambiente, conviene sempre pensare prima di acquistare un prodotto di non essenziale importanza, specialmente se visto sui social.

Sole Dalmoro

Fonte immagine in evidenza: https://ganar-ganar.mx/2023/04/04/impacto-social-y-medioambiental-del-consumismo/

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