Johann Rukeli Trollmann, il pugile che si ribellò all’ideologia nazista

Di Johann Trollmann, soprannominato Rukeli, ci sono giunte poche fotografie sbiadite, così come è rimasto per molto tempo sbiadito il suo ricordo. Una di queste, inevitabilmente in bianco e nero considerata l’epoca, lo ritrae con gli occhi scuri e profondi che fissano l’obiettivo, un’espressione seria e concentrata, i ricci neri che gli cadono sulla fronte, i pugni serrati e il busto inclinato. Anche senza conoscere nulla su di lui, da questa immagine è possibile intuire lo sport in cui risultava spesso imbattibile e che lo rese celebre nella Germania degli anni Trenta: Johann Trollmann, infatti, non era soltanto un pugile professionista, ma un vero e proprio campione della boxe.
È probabile che gran parte del suo successo fosse dovuta alla sua tecnica estremamente innovativa, nella quale convergevano velocità e mobilità, soprattutto grazie al suo corpo snello ed elegante. Mentre sfidava chi aveva di fronte, la sua figura volteggiava e schivava un colpo dopo l’altro, quasi come se danzasse, libera da ogni preconcetto su come si doveva combattere a quel tempo. Questo perché Rukeli era un uomo libero, dentro e fuori dal ring, e con una forza tale da non spezzarsi neanche davanti ai nazisti, fino alla fine.

Johann Trollmann nel 1928. Crediti foto: Google

Johann Trollmann nacque nel 1907 in Sassonia, da genitori di etnia sinti. Egli, infatti, fin da bambino imparò a parlare sia il tedesco che il romaní, in modo da preservare le origini che lo rendevano molto orgoglioso. Proprio dal romaní deriva il suo soprannome Rukeli, che nella lingua indoeuropea significa “alberello”, per via dei suoi capelli folti e del fisico agile. La sua fu un’infanzia difficile, dal momento che era il sesto di nove figli di una famiglia ai margini della società.
Tuttavia, crescendo a Hannover, Rukeli trovò ben presto nella boxe una passione sconfinata. Così, iniziò ad allenarsi a otto anni, coltivando giorno dopo giorno il suo talento, che non passò di certo inosservato.

Sebbene non fosse ancora un professionista, nel 1928 il giovane pugile sembrava destinato a partecipare alle Olimpiadi di Amsterdam. Al contrario, nonostante Hitler non fosse ancora formalmente al potere, le autorità tedesche giudicarono inammissibile che un atleta di etnia sinti potesse rappresentare la Germania.
Rukeli, però, non era una persona capace di arrendersi facilmente: nel 1929 debuttò nel mondo della boxe professionista. Vinceva un incontro dopo l’altro, conquistando in poco tempo anche il favore del pubblico, sempre più impressionato da quei movimenti danzanti che non lasciavano scampo agli avversari.
Ciò nonostante, i giornalisti non facevano altro che parlare di lui in modo sprezzante, definendolo “zingaro” e ridicolizzandolo per la sua tecnica. Con intelligente ironia, Trollmann si fece cucire sui suoi pantaloncini da combattimento proprio la parola “zingaro”, trasformando quello che doveva essere un insulto umiliante in un’identità rivendicata con orgoglio.

Il 9 giugno 1933 Rukeli tentò di ottenere il titolo di campione contro Adolf Witt, un atleta corrispondente al canone di “ariano”. Quando Trollmann sembrava sul punto di ottenere la vittoria, i giudici decretarono un pareggio, con il pretesto che nessuno dei due concorrenti aveva “onorato” la boxe, che aveva cambiato nome in Deutscher Faustkampf (“lotta tedesca con i pugni”) per volere di Hitler.
Inaspettatamente, il pubblico protestò per quel verdetto ingiusto, costringendo i giudici ad assegnare comunque il titolo di campione a Rukeli. Il pugile, a quel punto, sopraffatto dalla stanchezza e dalla tensione, si commosse di fronte a chi lo aveva sostenuto. 

La settimana successiva, però, la federazione gli revocò il titolo, con la motivazione che le sue lacrime, una reazione umana di gioia e di sollievo, non fossero state degne di un vero pugile, duro e impassibile. Perciò, Rukeli fu costretto a combattere di nuovo per ottenere il titolo che si era già ampiamente meritato, questa volta contro Gustav Eder. Probabilmente la federazione temeva di doverlo di nuovo proclamare campione, dunque gli vennero imposte delle limitazioni nello sfidare l’avversario di “razza superiore”: spostarsi sul ring gli fu vietato, così come muoversi in “modo femminile” durante il combattimento. 
Rukeli sapeva che ormai la sua carriera sarebbe finita, ma non per questo si mostrò rassegnato. Attingendo al sarcasmo con cui si era sempre protetto dalla violenza altrui, ebbe l’immenso coraggio di prendere in giro quell’ideologia assurda e tutti coloro che ci credevano ciecamente. Così, il 21 luglio 1933, Trollmann si presentò sul ring ridicolizzando la figura dell’”ariano”, con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina per poter schiarire la sua pelle scura. Durante il match, rimase immobile, come gli avevano imposto, incassando con fierezza i colpi e finendo al tappeto al quinto round.

Purtroppo la storia di questo uomo straordinario ha un tragico epilogo. Come altre 500.000 persone vittime del Samudaripe (“genocidio” in romaní), Trollmann subì la sterilizzazione forzata nel 1938 e fu ucciso nel 1944 nel campo di concentramento di Wittenberge, con un triangolo marrone sul petto.
Il titolo di Campione dei pesi mediomassimi gli fu riconosciuto ufficialmente soltanto nel 2003.

Monumento dedicato a Johann Trollmann, a Berlino. Crediti foto: Wikipedia

Oggi Rukeli continua a vivere nel ricordo di tutte le persone che lo considerano una fonte d’ispirazione, in grado di opporsi alla più terribile delle discriminazioni, ed è auspicabile che la sua storia si diffonda sempre di più nelle scuole, nei libri, attraverso ogni forma d’arte.

Soltanto in questo modo, le foglie dell’”alberello” non appassiranno mai.

Ilaria Vicentini

Fonti:
https://www.gqitalia.it/sport/altri-sport/pugilato/2016/01/15/johann-rukelie-trollmann-il-pugile-zingaro-ucciso-dai-nazisti
https://thevision.com/cultura/johann-trollmann-pugile-razzismo/
https://www.raiplaysound.it/audio/2024/11/Wikiradio-Le-voci-della-storia-del-19112024-ade237dc-42ba-4552-80cb-e0b91f19a17f.html

Lascia un commento