Sappiamo tutti, in teoria, cosa sia una hit estiva: quel singolo che, volente o nolente, ci tartassa le orecchie da fine maggio a inizio settembre. Lo sentiamo alla radio, ai chioschi dei lidi, nei negozi di souvenir. La sua caratteristica primaria è la sua costante rotazione, che la mantiene al primo posto nelle classifiche settimanali, in radio e in televisione, e a cui si aggiungono una facile canticchiabilità e, soprattutto negli anni 2000, un balletto ufficiale – o non – di accompagnamento. È inesorabile, in un modo che può portarti dal canticchiarla all’odiarla e, possiamo pensare, deve per forza essere un prodotto (in tutti i sensi) degli ultimi decenni, no? Non esattamente, perché in realtà è una storia che parte a piedi pari con la commercializzazione della musica in sé.
Secondo il critico musicale statunitense David Hadju, autore di Love For Sale: Pop Music in America, il concetto della song of the summer viene popolarizzato da inizio secolo scorso, quando ancora l’industria musicale era in mano agli editori cartacei. Il vinile era lontano dal diventare il supporto musicale come lo conosciamo oggi e a essere venduta non era la registrazione, ma lo spartito, che veniva portato nelle case borghesi e suonato (solitamente) al pianoforte. In questo periodo della storia musicale emersero già numerose canzoni che avevano come tema quanto fosse bella e rilassante l’estate: In The Good Old Summer Time di George Evans e Ren Shields del 1903, ad esempio, diventò uno degli spartiti più venduti dell’anno e si solidificò come un pezzo standard, anche se gli editori del duo compositore-liricista pensavano che la canzone sarebbe sparita dalla circolazione dopo una breve impennata durante la stagione. Poco più tardi, nel 1910, s’impose quello che è probabilmente uno dei primi usi del termine, nell’edizione del 5 giugno del New York Tribune:

“I giardini pensili vengono aperti e gli show estivi iniziano. Usando le parole dell’annuario, “In questo periodo state attenti alla canzone dell’estate.” Come sarà questa volta? Sarà divertente? Sarà sentimentale? Sarà un disastro totale? Sarà per lo meno sopportabile, nel testo o nella musica, o in entrambi?”.
Fa molto sorridere vedere come già più di 100 anni fa una delle caratteristiche della summer hit fosse la sua cattiva reputazione tra il pubblico.
Il concetto classico della canzone estiva si estese, però, negli anni ‘60, molti anni dopo, probabilmente per diversi fattori: vedi il consolidamento della cultura giovanile, come per il tempo libero, e il concetto di vacanza estiva, insieme alla coda lasciata dal boom economico post-Seconda guerra mondiale nei Paesi vincitori; vedi forse un insieme di tutti questi motivi in un crogiolo che ha fatto esplodere l’industria musicale come la conosciamo oggi… Fatto sta che, sia in America sia in Europa, iniziò ad affermarsi la summer hit come la conosciamo oggi. Se negli Stati Uniti nel ‘62 Surfin’ U.S.A dei Beach Boys dominava le classifiche, in Italia si diffuse il concetto di “tormentone estivo” dal ‘61 in poi. Con l’aiuto di manifestazioni canore che si svolgevano proprio in piena stagione – come Un disco per l’estate e ovviamente il Festivalbar – i brani venivano lanciati a un ampio pubblico e, anche se finivano per non vincere il metodo di voto popolare, lasciavano il segno, in quanto partecipanti a un evento più che rinomato. Se si parla del tormentone all’italiana dei primi anni ‘60, non si può non citare il romano Edoardo Vianello, autore di brani come Abbronzatissima e Guarda come dondolo.
Ovviamente, se si dovessero elencare tutte le hit e i tormentoni questo articolo, non finirebbe mai, quindi basti sapere al lettore che fino ai primi anni 2000 il processo rimase ritualisticamente uguale, soprattutto in Italia. E ora, a metà degli anni 2020, in che fase siamo? A dire il vero, il concetto stesso di hit estiva sembra essere evaporato. In effetti, lettore, pensaci: nell’anno di pubblicazione di questo articolo, o persino dopo, qual è la canzone dell’estate? Quella che domina dappertutto, come lo ha fatto (nel bene e nel male) Despacito di Luis Fonsi nel 2017? O anche Danza Kuduro di Don Omar nel 2010? Se vuoi, oggi puoi evitare la hit estiva, perché ha perso la sua capillarità. Emergono bolle isolate di ascolto dettate dall’abbondanza di musica, di etichette di genere iperspecifiche e di subculture demografiche e concentrate, che vanno oltre i limiti geografici, abbattuti a inizio secolo con la popolarizzazione internazionale di summer hit di altri Paesi (vedi Aserejé delle Las Ketchup). Sono bolle divise per età, per preferenze musicali e persino per fandom. Il risultato è che, almeno dai tempi dell’odiato Despacito, ora è difficile individuare la hit estiva con la “acca” maiuscola. Lo aveva fatto già notare Rolling Stone nel 2018 con l’articolo There Was No Song of the Summer This Year — and There Won’t Be Ever Again di Amy X. Wang. Wang e Rolling Stone erano riusciti a dimostrare statisticamente le differenze in ascolto tra numeri in radio, su YouTube e su Spotify: nessuna delle tre piattaforme ha avuto la stessa Top 3 durante l’estate 2018, e solo un brano si ripeteva. Pensando anche all’anno scorso, probabilmente l’opinione riguardo a quale sia stata la hit estiva varierà: se sei fan delle cosiddette “pop girlies“, dirai Espresso di Sabrina Carpenter o Good Luck, Babe! di Chappell Roan; se invece bazzichi le piattaforme di short content come TikTok, dirai Beautiful Things di Benson Boone o Too Sweet di Hozier; e, per finire, se sei fan del rap, penserai subito a Not Like Us di Kendrick Lamar. Ultimamente stai decidendo tu la summer song, lettore, nel tuo privato, con le tue cuffiette o i tuoi speaker.
Quindi, la summer hit è morta? Questo non si può ancora dire. La stagione estiva continua a vivere nell’immaginario musicale, soprattutto in quello italiano: come nota FIlippo Colombo in Fenomenologia della Canzone Estiva, sembra sia nato un nuovo modo di approcciare la stagione, proprio con il concetto di canzone estiva. È sempre un singolo, creato secondo le logiche di mercato, ma con un chiaro rimando – nella musica e/o nei testi – alla stagione e ai sentimenti che ne derivano. Si tratta di un altro modo di approcciare quello che, alla fine, è diventato un classico genere italiano. In un certo modo si è tornati alla tradizione di inizio secolo scorso – bisognerà aspettare di vedere se il tutto si smuoverà di nuovo.
Gaia Sposari
