Il presagio di Oppenheimer

Il 21 agosto, a distanza di un mese rispetto alle sale americane, è finalmente uscito in Italia Oppenheimer, film che già dal rilascio del teaser, avvenuto ormai un anno fa, ha suscitato un’aspettativa che non si vedeva da tempo. Complice l’annuncio quasi simultaneo di Barbie e della nascita del fenomeno “Barbenheimer”.

Ma chi è Oppenheimer? O meglio, chi è l’Oppenheimer di Nolan, quello che ci ha fatti uscire dalla sala con un peso sullo stomaco, il cervello in fumo e uno strano presentimento addosso?

Crediti: Universal Pictures

L’OPPIE DI NOLAN

Julius Robert Oppenheimer è un fisico geniale, le cui visioni sullo spazio e sui quanti ci bombardano sin dall’inizio della pellicola. Sogni che per il giovane fisico sono ossessionanti e lo portano a viaggiare in altre realtà, forse più alte e geniali, ma che sono anche sintomo di un disagio che verrà superato grazie alla terapia. Robert studia in Europa con Born, grazie al quale passa dalla Chimica alla Fisica. Nel Vecchio Mondo conosce alcuni tra i più grandi scienziati del tempo come Blackett, Bohr e Heisenberg. Robert però torna a casa, assumendo la cattedra di Fisica teorica alla Berkeley. Proprio qui, verrà poi contattato dal Governo americano per lo sviluppo del progetto Manhattan.

Nolan però va oltre la semplice biografia. Oppenheimer è l’uomo che porta la meccanica quantistica in America, ma è anche quello che stringe amicizie filo-comuniste, quando il comunismo in America era una minaccia, seconda solo ai nazisti. Oppenheimer è il padre di famiglia, marito di Katy, padre di due figli; ma è lo stesso uomo che per anni ha segretamente un’amante. Oppenheimer è lo scienziato che fa di tutto per arrivare a costruire la bomba atomica, compreso erigere dal nulla una città (Los Alamos). Ma è anche l’uomo che in corso d’opera, e a posteriori, vive logorato dalla colpa per quelle vite che verranno spazzate via dalla sua bomba.

I fan di Cristopher Nolan sanno come il regista ami giocare con le maschere per restituire l’idea di personaggi contraddittori, mai ritratti in blocco unico, ma dipinti dal pennello di un cubista. Le sfaccettature dell’animo di Oppie, come lo chiamano gli amici, vengono fuori lentamente – dopotutto il film dura 3 ore -, ma anche velocemente. Si è bombardati dalle informazioni, sia scientifiche sia sulla vita stessa di Robert. È un puzzle che Nolan ci fa esplodere addosso, e che poi ricostruisce alla rinfusa a tasselli rivoltati; ma tutti, alla fine, vanno al loro posto, e la figura di Oppenheimer è completa.

Crediti: Style Magazine

IL TEMPO DI NOLAN

Per dare un ulteriore effetto di bombardamento, Nolan gioca con il tempo non lineare. Come afferma, è stato lui stesso a scrivere la sceneggiatura, cosa che ha reso il film sia soggettivo sia oggettivo. Di qui la sfida: far convivere più punti di vista nella stessa pellicola. Da una parte abbiamo allora una linea temporale più classica, a colori, vista e vissuta da Oppenheimer; inizia dai suoi studi in Europa e finisce con le udienze segrete atte a revocare il nulla osta di sicurezza di Robert – che gli garantiva l’accesso ai documenti riservati inerenti alla ricerca e sperimentazione di cui era stato l’artefice. La seconda linea è quella oggettiva, in bianco e nero, vista dal punto di vista degli altri personaggi. Questo effetto black and white è unico nel suo genere: la chicca sta nel fatto che Nolan ha chiesto a Kodak e FotoKem di realizzare per lui una pellicola fotografica IMAX in bianco e nero, in modo da avere un mix tra una IMAX da 65 mm normale e un 70MM ad alta risoluzione, per valorizzare i dettagli di ogni inquadratura. Una rarità se si pensa che esistono solo 12 esemplari al mondo di questa cinepresa.

Crediti: The Hot Corn

L’EFFETTO BOMBA

Il sentimento comune, una volta usciti dalla sala, era di essere stati investiti da un treno. Un silenzio quasi tombale tra le facce perplesse, rotto solo da una parola: “Allucinante”. Nolan ha ricreato, letteralmente e metaforicamente, la deflagrazione della bomba. I dialoghi sono inizialmente lunghi e verbosi, densi di informazioni scientifiche, e costituiscono la fase teorica della bomba, quella dei calcoli e delle supposizioni. Poi c’è la preparazione, in cui si devono trovare gli scienziati adatti e si costruisce il laboratorio, ovvero la seconda fase del film. A seguire c’è il test, la prova del nove in cui sembra confluire tutta la tensione cinematografica che poi scoppia in gioia per la riuscita di anni di lavoro. Infine arriva una calma densa di aspettative, in cui si cerca di capire cosa ne sarà della propria creatura. Il film potrebbe finire qua. Ma Nolan non si ferma. Fa ripartire la giostra. I fili che aveva iniziato a tessere sin dall’inizio, con le parti in bianco e nero, portano allo scoppio di una seconda bomba, allo svelarsi del mistero finale.

È ironico come l’unica vera detonazione realizzata nella produzione del film –  completamente privo di CGI – sia quella del Test Trinity, mentre quelle di Hiroshima e Nagasaki non si vedono ma si “sentono”. Queste ultime due pesano sul film con un grande gioco psicologico: il sentimento provato in sala è di essere una divinità, grazie alla conoscenza “a posteriori” della Storia, che invece i personaggi ancora non possono conoscere. Lo spettatore è un dio dell’Olimpo che non interviene nelle azioni umane, ma osserva dall’alto lo svolgersi dei fatti, sapendo dove porteranno.

Crediti: Gareth Cattermole / Getty images

LA SQUADRA DI NOLAN

Nolan è un mostro sacro nel suo lavoro. Ma sa anche scegliere bene la squadra di cui circondarsi. A partire dalla colonna sonora, affidata al grande Ludwig Göransson (che ha già lavorato a Tenet, Black Panther, Creed), per arrivare alla fotografia spettacolare e suggestiva di Hoyte van Hoytema (con Nolan già per Dunkirk, Tenet, Interstellar). Per non parlare del cast. Chillian Murphy si smarca clamorosamente bene dalla figura del gangster inglese in cui lo abbiamo tanto amato, ed entra nella pelle di un fisico degli anni ’40. Una performance da brividi. Con lui, Robert Downey Jr., completamente a suo agio nella parte di un prepotente d’alto bordo (un guizzo di Iron man lo si intravedeva negli occhi). E poi Matt Damon nei panni del generale Groove, Emily Blunt come Kitty Oppenheimer, l’astro nascente Florence Pugh come amante di Oppie.

CONCLUSIONI

Concludendo, non si possono che citare le parole di Antonio Cuomo (recensione per Movieplayer): “Oppenheimer è cibo per la mente, nutrimento per quelli che amano perdersi in un film e ritrovare la via nella sua complessa costruzione narrativa”. Nolan pretende l’attenzione dello spettatore in modo da suscitare non tanto sentimenti, quanto riflessioni. Il film fa emergere nello spettatore una consapevolezza: le sorti del mondo, quelle odierne, sono state decise quasi cento anni fa dall’invenzione della bomba atomica. Oppie, presagendo ciò che sarebbe avvenuto, finisce nei guai cercando di sollevare dubbi etici e morali riguardo all’atomica e a quella ad idrogeno, e alla fine si rassegna, accettando di essere diventato “morte, il distruttore di mondi”. La distruzione del mondo è un monito per chi dovesse scatenare una guerra usando queste creazioni. Il futuro che Oppenheimer voleva evitare è proprio quello in cui ci ritroviamo a vivere.

Crediti copertina: sito online IMDb

Rachele Crosetti

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