Nel secolo scorso era tendenza comune per molti membri di famiglie italiane lasciare la terra natia per costruire un futuro migliore altrove, spostandosi dal sud Italia al nord, oppure dall’Italia al resto d’Europa o addirittura negli Stati Uniti. Oggi questa tendenza sembra essere rimasta immutata, seppure coloro che affrontano questo cambiamento di vita non vengano più chiamati immigrati (o emigrati), ma con un termine tutto nuovo: fuorisede. Nonostante sia una categoria forse ancora poco considerata (basti pensare che solo quest’anno è stata data loro la possibilità di votare alle elezioni europee), i suoi membri, che siano lavoratori oppure studenti, sono numerosissimi in Italia e nel mondo.
Essere fuorisede è diventato tanto comune quanto complesso. La difficoltà parte in primis dall’aspetto economico: prendendo in esame solamente gli studenti (ogni anno in Italia sono più di 600.000 a spostarsi), le spese che devono sostenere per vivere in una città universitaria non sono indifferenti, e molto spesso non basta svolgere impieghi part-time per coprirle. Ad esempio, le tasse universitarie, pur dipendendo dall’area geografica e dalla fascia di reddito del singolo, si aggirano da un intervallo di 500-2000 euro per città come Pisa, (prendendo in analisi i dati riportati dall’associazione Federconsumatori) a un intervallo di 900-3000 euro in città come Milano, considerando istituti pubblici. A questo costo bisogna aggiungere quello dei libri universitari, che si aggira intorno a una media di 400 euro per anno accademico, e ovviamente del vitto e dell’alloggio, che pur dipendendo principalmente dalla città considerata e dallo stile di vita che si predilige, portano all’ammontare di una cifra compresa tra poco meno di 10.000 euro e oltre 15.000 euro annui.
In aggiunta alle preoccupazioni economiche, lo studente fuorisede deve affrontare anche importanti sfide di crescita personale: essere estirpati dalla realtà che si conosce da tutta la vita, affrontare la solitudine, inserirsi in un nuovo contesto ambientale e sociale, costruire una nuova routine, sono solo alcuni esempi delle difficoltà più frequenti a cui vanno incontro. Sicuramente l’inizio della vita universitaria rappresenta per tutti un passaggio fondamentale dall’adolescenza alla vita adulta, ma a maggior ragione per coloro che scelgono di vivere lontano da casa, trovandosi a dover gestire improvvisamente la propria vita senza il supporto della famiglia o degli amici di sempre e contando solo su se stessi.
Rappresentando per moltissimi la prima esperienza di totale indipendenza dal nucleo familiare, a volte questo cambiamento può essere addirittura traumatico, tanto da impattare sulla salute mentale dell’individuo in modo significativo, portandolo a uno stato di ansia e/o depressione. Come riportato dallo psicologo e psicoterapeuta Andrea Scozzi, in un articolo in cui affronta proprio questo tema:
Tra i sintomi più comuni legati alla depressione negli studenti fuori sede ci sono l’isolamento sociale, la mancanza di affetti e un profondo senso di smarrimento. Molti studenti riportano la sensazione di non riuscire a stabilire nuove connessioni significative, sperimentando un crescente senso di solitudine.
In questo caso risulta fondamentale cercare di costruire una rete di supporto partendo in primo luogo da se stessi, consolidando la propria “forza emotiva” e capacità di resilienza e problem solving, nonché di adattamento alla sensazione di solitudine e disagio. In secondo luogo si dovrà arrivare poi a estendere tale rete di supporto costruendo nuovi rapporti sociali e interazioni significative.
Un’ulteriore sfida che gli studenti fuorisede si trovano ad affrontare ogni giorno è senza dubbio il tentativo di raggiungere un equilibrio tra vita universitaria e vita sociale. Questo perché è certamente fondamentale mantenere il focus sul proseguimento degli studi, ma è altrettanto importante cercare di non isolarsi, partecipando ad attività e a eventi che possano aiutare a rilassarsi e a ricaricare le energie, rendendo così più efficiente anche il tempo dedicato allo studio ed evitando così il burn out. Il raggiungimento di questo equilibrio è tutt’altro che immediato, ma fatto di numerosi tentativi, che possono condurre però a una rinnovata conoscenza di se stessi e di ciò che ci rende veramente felici.
Nonostante sia un viaggio psicologico ed emotivo piuttosto complesso, un’altalena di momenti estremamente soddisfacenti ed estremamente frustranti, l’essere fuorisede rappresenta anche un’esperienza arricchente e formativa, che, se svolta nelle condizioni giuste di supporto e riconoscenza da parte del contesto sociale in cui ci si trova, può portare ad un’incredibile crescita personale.
Maria Pia Bisceglia
Fonte: Andrea Scozzi https://www.andreascozzi.it
