Figura slanciata, occhi immensamente brillanti e tanto carisma descrivono una delle più note icone della moda e del cinema: Audrey Kathleen Ruston, alias Audrey Hepburn, nacque il 4 maggio 1929 a Ixelles (Belgio), ma trascorse la sua infanzia tra Olanda e Regno Unito, studiando danza classica e teatro. La sua insegnante di balletto, Madame Rambert, la riteneva poco adatta alla carriera di prima ballerina, vista l’altezza della ragazza (1,67 m) e la sua cagionevolezza, conseguenza della malnutrizione comportata dall’esplosione della seconda guerra mondiale. L’allontanamento della giovane Audrey dal ballo fu, tuttavia, di giovamento alla sua carriera che sfociò in collaborazioni con importanti registi, fotografi e stilisti, uno in particolare.
A trent’anni dalla sua scomparsa, Audrey continua ad incantare il mondo della moda e del cinema con il semplice ma sofisticato stile che la contraddistinse in tutta la sua vita e che continua a caratterizzarla. Così la vogliamo ricordare.
Un legame inscindibile
Dopo Vacanze romane, il talento indiscusso di Audrey uscì allo scoperto e la Paramount Pictures, che aveva in lei visto una nuova diva del cinema, scelse di ingaggiarla immediatamente per un film che sarebbe stato lanciato a breve: Sabrina, con regia di Billy Wilder. La storia avrebbe visto la Hepburn nei panni di Sabrina Fairchild, figlia dell’autista di una facoltosa famiglia di Long Island, partita per Parigi in seguito a una delusione d’amore che l’aveva portata a pochi passi dal suicidio. Per questo ruolo, il regista scelse di selezionare un emergente stilista parigino, che aveva da poco deciso di fondare la sua casa di moda, per conferire un aspetto fedelmente francese alla protagonista. Si trattava del ventiseienne Hubert de Givenchy che, ancora poco conosciuto, aveva già capitanato la boutique di Elsa Schiaparelli ed era riuscito a istituire House of Givenchy il 2 febbraio 1952, elaborando abiti pregiati e apertamente ispirati alla couture dello spagnolo Cristobal Balenciaga.
Nell’estate del 1953, il couturier parigino scelse di accogliere nel suo studio Miss Hepburn, aspettandosi la ormai conosciuta attrice americana Katharine. L’uomo, come egli stesso affermò, vide “una giovane donna alta e magra, con occhi da cerbiatta e capelli corti. Indossava pantaloni aderenti, una semplice maglietta, slippers ai piedi e un cappello da gondoliere con un nastro rosso con scritto Venezia“. Da allora, i due avviarono una profonda relazione stilistica e umana che ha segnato in maniera indelebile la storia della moda a partire dai tre capi selezionati per Sabrina.
“Una giovane donna alta e magra, con occhi da cerbiatta e capelli corti. Indossava pantaloni aderenti, una semplice maglietta, slippers ai piedi e un cappello da gondoliere con un nastro rosso con scritto Venezia“.
H. de Givenchy (1953)
Seguirono gli abiti indelebili di Cenerentola a Parigi (1956), con il lancio del trend dell’abito da sposa con la gonna che terminava sopra le caviglie, gli outfits scelti per Arianna (1957) per giungere all’exploit di Colazione da Tiffany (1961).
Breakfast at Tiffany’s
Successivamente ad Arianna, l’attrice belga girò alcune pellicole drammatiche nelle quali gli abiti del suo partner-in-fashion non si sarebbero rivelati adatti. I due, però, proseguirono a dialogare in termini di stile per gli eventi mondani, vetrine per lo stilista che, nel frattempo, aveva iniziato a vestire donne dal calibro di Jacqueline Kennedy e Bridgitte Bardot.
Nel 1961, la musa di Hubert fu la schietta protagonista del romanzo di Truman Capote, tramutato in commedia da Blake Edwards e divenuto un intramontabile classico della filmografia dell’epoca: Colazione da Tiffany. Audrey Hepburn in Holly Golightly è caparbia, insolente e affascinante. Ne ricordiamo tutti la voce melodiosa in Moon River di Henry Mancini, la frangetta sbarazzina e i gioielli di Tiffany, unico luogo in grado di acquietare le sue giornate frenetiche. Emblema del rapporto Givenchy-Hepburn è il little black dress indossato dall’attrice mentre, indossando un paio di occhiali da sole oversize, sbircia gli interni del negozio di gioielli a cui è ispirato il titolo del film, gustando la sua colazione.
Tra i looks, spiccano anche l’abito a tunica mostrato nella scena della festa in appartamento e quello rosa fenicottero.
Non solo cinema
Il legame tra lo stilista e l’attrice non si espresse esclusivamente attraverso le collaborazioni avvenute dietro le cineprese, ma fece brillare le doti di entrambi anche in ambienti diversi dal set. Audrey, infatti, affermò personalmente: “Gli outfit di Givenchy mi hanno protetto contro situazioni e persone. Mi sento bene indossandoli”. Durante la prima di Colazione da Tiffany, ella indossò una candida versione del little black dress, rigorosamente abbinata a un paio di guanti lunghi e bianchi.
“Gli outfit di Givenchy mi hanno protetto contro situazioni e persone. Mi sento bene indossandoli”.
A. Hepburn
Altrettanto rappresentativo fu il vestito di jersey rosa con maniche lunghe e vita alta che la Hepburn mostrò nel giorno del suo matrimonio con Andrea Dotti (18 gennaio 1969), suo secondo marito a cui rimase coniugalmente legata per tredici anni, fino al 1982.
Infin, fondamentale per il debutto della donna come icona dello stile e del fashion fu il servizio fotografico effettuato per Vogue nel 1963, caratterizzato da acconciature stravaganti, turbanti e vestiti di seta, tappezzati di fiori e rigorosamente firmati da Maison Givenchy.
In un quarantennio, un’attrice acerba era riuscita a maturare in una donna, nonché attrice, sofisticata e uno stilista giovane e inesperto era riuscito a emergere tra le più importanti case di moda dell’epoca e oltre. Solo un’amicizia sincera come la loro avrebbe potuto valicare il tempo, scardinandolo dal concetto di vita-morte che ne definisce i confini e rendendo due personalità, come le loro, imperiture.
Grazie per il vostro contributo.
Alessia Congiu
