Lucha y Siesta è di nuovo sotto sfratto

“Se dovesse succedere qualcosa a questo posto ci sarà una reazione grande, ne siamo sicure” dichiara un’attivista di Lucha y Siesta intervistata da Annalisa Camilli per L’Essenziale: la casa delle donne autogestita di Roma, infatti, è di nuovo sotto sfratto.

La regione Lazio, che due anni fa, guidata da Zingaretti, ne aveva sancito la liceità acquistandone all’asta la sede – fino ad allora occupata e di proprietà dell’ATAC (è un’ex stazione dei tram) – e assegnandola all’associazione omonima, il 17 ottobre, con una delibera della giunta, ora di centrodestra, ha stabilito che l’immobile debba essere svuotato, ristrutturato, e messo al bando.

Nel palazzo di via Lucio Sestio 10 dall’8 marzo del 2008 hanno trovato spazio progetti, corsi di formazione per operatrici antiviolenza ma anche di ballo e di lingue straniere, un laboratorio di sartoria che mira a rendere l’artigianato uno strumento di autodeterminazione, uno spazio per i bambini, una biblioteca sui cui muri campeggia una citazione di Virginia Woolf: “non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente”, e le 14 stanze per le donne in percorsi di uscita dalla violenza.

Il fulcro dell’attività dell’associazione Lucha y Siesta, che gestisce anche 3 centri antiviolenza in città e uno sportello telefonico attivo 24 ore su 24, è da sempre infatti il sostegno a chi sta superando situazioni di violenza domestica: il comunicato rilasciato in occasione dell’occupazione si chiudeva con “l’unica sicurezza possibile sono le donne che si organizzano”, in uno di pochi giorni fa si legge “per il prossimo 25 novembre non vogliamo panchine rosse, vogliamo Lucha y Siesta”.

In particolare la casa, che contribuisce a migliorare la situazione di drammatica scarsità di posti letto in strutture antiviolenza (la Convenzione di Istanbul stabilisce che a Roma ne siano necessari circa 300, nei centri istituzionali sono 65), non adotta la pratica delle altre strutture romane di limitare la permanenza delle donne e dei loro figli a sei mesi, ma concede loro più tempo per ricostruire la propria autonomia, oltre a offrire gratuitamente consulenza psicologica e legale. Un aspetto spesso sottolineato dalle attiviste di Lucha y Siesta è infatti l’intersezione tra crisi abitativa e violenza di genere: quando è il momento di scappare da una situazione di abuso mancano i luoghi dove rifugiarsi e dove creare una vita alternativa.

Nonostante quindi il suo innegabile impatto sul territorio (o forse proprio per questo), la palazzina femminista e trasfemminista è stata osteggiata in più occasioni: nel 2020 il Comune ha minacciato di staccare le forniture di acqua e corrente elettrica; al momento, oltre alla minaccia dello sfratto per ripristinare “la legalità da un lato e le condizioni igienico-sanitarie dall’altro” (come dichiarato dal presidente della regione Rocca), reso possibile dal fatto che per ufficializzare l’assegnazione dell’immobile mancassero ancora dei passaggi burocratici, è anche in corso un processo per l’occupazione abusiva terminata nel 2021, quando, appunto, la Regione ha acquistato all’asta l’edificio.

Quando è arrivata la notizia della delibera che la giunta stava cercando di approvare è stato organizzato un presidio sotto il palazzo della regione, accompagnato dalla campagna social #luchasiamotutt3 e dalla richiesta di un incontro con l’istituzione; il 25 ottobre le attiviste, a un mese dalla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne hanno esposto sotto la sede della regione striscioni su cui si leggeva “l’antiviolenza si ribella” e “lucha siamo tutt3”, mettendo in luce l’assurdità del voler chiudere un presidio fondamentale proprio in concomitanza di una giornata che ne ricorda l’importanza. In un post facebook hanno scritto “Resisteremo a chi ci vuole invisibili, silenti, sottomessə”, “Marcela Lagarde diceva che quando prendi la lente del femminismo inizi a guardare il mondo con uno sguardo diverso. Ecco noi resisteremo per quello sguardo, che svela la violenza del potere e che impone un cambiamento di libertà e giustizia.”

Virginia Platini

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