Nell’Oceano Pacifico, con precisione tra le Hawaii e la California, esiste un ammasso galleggiante di rifiuti che prende il nome di Pacific Trash Vortex (Vortice di spazzatura del Pacifico) oppure Great Pacific Garbage Patch (Grande chiazza di immondizia nel Pacifico), costituito prevalentemente da reti da pesca che permettono all’isola di avere struttura (per quanto non vi siano punti dell’ammasso effettivamente calpestabili), ma anche di bottiglie di plastica, involucri di vario genere, giocattoli vecchi, scarti di oggetti elettronici e molte altre schifezze.
Secondo i dati sulla rivista Scientific Reports, tutto questo ciarpame ammonta a circa 79000 tonnellate, che comunque è un dato solo di stima, in quanto non è possibile calcolarlo con esattezza, essendo in continuo aumento.
Il motivo per cui quest’isola sorge proprio in mezzo al Pacifico sarebbe da attribuire al vortice subtropicale che caratterizza quella zona, che quindi attrae a sé i rifiuti presenti negli oceani in questo inquietante agglomerato.
L’intera estensione della massa di spazzatura occupa un’area circa quattro volte più grande della California, ovvero 5 volte la grandezza dell’Italia.
Questo accumulo di immondizia è stato scoperto nel 1988 dai ricercatori della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, ma è stato portato all’attenzione dei media e del grande pubblico solo nel 1997 grazie alla testimonianza del navigatore statunitense Charles Moore, che durante una traversata verso Los Angeles si era ritrovato con la sua barca a vela circondato da un ammasso di contenitori di plastica e di altri rifiuti di produzione umana.
Oltre al normale sconcerto che una notizia del genere può provocare, la preoccupazione è che entro pochi decenni i pezzi più grandi dei detriti possano trasformarsi in microplastiche, molto più difficili da rimuovere dall’oceano. Infatti, non sarebbero più sufficienti i sistemi attualmente adottati per la rimozione dei rifiuti dalle acque, andando incontro a un disastro ambientale di dimensioni sempre più preoccupanti (in tutti i sensi possibili).
Veronica Repetti