Vi è mai capitato di soffermarvi a pensare alla logica che si nasconde dietro un semplice logo? Il termine logo è l’abbreviazione di logotipo, dal greco “logos” (parola) e “tipo” (lettera). Dall’etimologia si evince che il logo è un insieme di elementi combinati: parole, simboli, colori che vogliono comunicarci un qualcosa.
Per realizzare un buon logo è bene rispettare alcuni criteri. Innanzitutto, è importante rifarsi alla semplicità, senza però essere semplicistici: infatti, un logo dev’essere facilmente identificabile e ricordabile ma, allo stesso tempo, non deve essere troppo banale, poiché potrebbe non incuriosire.
Inoltre, è molto importante che si presti attenzione alla versatilità: un logo deve potersi adattare a diversi contesti e superfici, dal sito online al dépliant cartaceo. Anche le dimensioni sono molto importanti e gli esperti nella creazione di loghi parlano di riducibilità all’estremo: un buon logo deve poter essere visibile e ben identificabile sia quando viene riprodotto con dimensioni piccolissime, ad esempio sull’etichetta di una maglia, sia quando viene realizzato con grandi dimensioni, come la stampa di un cartellone pubblicitario. Oltre ad essere semplice, versatile e di giuste dimensioni, è importante che un logo sia appropriato in relazione al prodotto che rappresenta ma anche alla clientela a cui è rivolto.
LA PSICOLOGIA DEL COLORE
Per una buona realizzazione di un logo è importante rifarsi alla psicologia del colore. Infatti, non tutti i colori hanno lo stesso effetto sulla nostra mente e per questo è importante conoscere le reazioni che i diversi colori posso provocare e scegliere in modo astuto il colore che richiama maggiormente la sensazione desiderata.
Come molti avranno notato, molti social network utilizzano il colore blu, ma vi siete mai chiesti il perché? Molto semplicemente questo colore richiama il business, la tecnologia, la meccanica. Invece, quando si vuole dare un’idea di green, eco-friendly, si utilizza in modo strategico il verde, che richiama la natura. Questo colore, però, è legato anche ad una sensazione di pace, fiducia ed è per questo che, molto spesso, viene sfruttato dalle banche. Queste ultime, in realtà, recentemente hanno iniziato ad utilizzare anche il giallo e l’arancione. Infatti, secondo diversi studiosi, questi colori sono sinonimo di ottimismo e confidenza, ideali per invogliare i giovani a interfacciarsi al mondo finanziario, distogliendoli dalle paure legate alle questioni burocratiche.
IL REBRANDING
Molto spesso, accade che un’azienda, nel corso del tempo, decida di apportare delle modifiche al proprio logo. Questo processo viene definito “rebranding” e presuppone un vero e proprio rinnovamento.
Le ragioni legate a questa scelta sono molteplici e molto diverse fra loro: la voglia di modernizzarsi, il bisogno di liberarsi da una cattiva reputazione o come conseguenza della fusione di due aziende, le quali desiderano mantenere le proprie immagini identificative creando però un nuovo logo, simbolo del loro accordo.
Capita anche che il processo di rebranding venga utilizzato quando un’azienda cerca di cambiare la propria posizione all’interno del mercato. Un esempio eclatante è quello di Starbucks, famosa catena di caffè statunitense, la quale, nel 2011, eliminò la scritta “Starbucks coffee” dal proprio logo, prediligendo le immagini alle scritte. Questa decisione non fu solo una scelta stilistica, lo scopo ultimo fu quello di avvertire i propri clienti dell’ampiamento del proprio mercato: infatti, dal 2011 Starbucks non vendette più solo caffè americano ma anche tanti altri prodotti.
A volte capita però che il rebranding sia fallimentare: ne è un esempio l’azienda Ikea che nel 2011 cambiò il font del proprio logo passando da Futura a Verdana, provocando così un senso di smarrimento nei clienti.
Alessandra Vegis